mercoledì 12 gennaio 2011

Il desiderio dell'ovvio


Di Grazia La Cava

Nuovo anno.
Tempo di bilanci.
Ti volti indietro svogliatamente. Vorresti poterne fare a meno; vorresti poter guardare solo avanti per non assistere al triste spettacolo di ciò che è stato. Cerchi di catturare gli attimi trascorsi che, ricordandoli, riescono a darti piacere o farti sorridere. Sono solo quei momenti privati che rimangono imprigionati nella profonda intimità, senza trovarvi spiragli per riflettersi nella sfera sociale. Li custodisci gelosamente nell’album della memoria perché rimangano come i soli piacevoli ricordi di questo tempo, come se fossero fotografie da sfogliare in futuro. Ed è forte la tentazione di rimuovere tutto il resto, tutto quello che non ha a che fare con l’intimità, con il privato. Ma ti accorgi che la felicità di ciò che rimane risulta incompleta, amputata. Non si può essere completamente felici, non ha un senso.

Nuovo anno.
Tempo di speranze e desideri.
Istintivamente cedi alla tentazione di voler esprimere l’elenco dei tuoi desideri, di ciò che vorresti nell’anno che verrà, e ti accorgi che non si possono coltivare speranze né desideri senza fare i conti con ciò che è stato, senza voltarsi indietro. Tutto parte da lì, da ciò che è stato. E tra i tuoi desideri non c’è nulla del tuo privato.
Vorresti vivere in un mondo in cui il rispetto per l’ambiente diventasse una priorità, in cui nessun bambino debba soffrire per fame. Vorresti vivere in un mondo in cui “immigrazione” non sia associata a costrizione, fame, povertà ma ad integrazione, scambio, culture, religioni.
Vorresti che il lavoro degli uomini sia valorizzato ed apprezzato solo per le capacità, indipendentemente dal colore della pelle. Vorresti che il lavoro degli uomini non sia mai un rischio per la vita.
Vorresti regole uguali per tutti e rispettate da tutti, essere governato da gente capace non da padroni, né servi. Vorresti la cultura al potere, non l’ignoranza. Vorresti vedere giovani che hanno ancora voglia di cambiare il mondo…
Cose ovvie. Apparentemente. Sono ovvie solo quando non c’è motivo per desiderarle.

Vorresti, infatti, desiderare altro, ma non è tempo per l’indifferenza.

Continuerai ad indignarti. Continuerai a fare ogni cosa, seppur minima, pur di non sentirti sopraffatta dal senso di impotenza verso l’ingiustizia, l’arroganza, l’ignoranza, la sopraffazione, la violenza. Ogni tuo gesto quotidiano nel lavoro, nello svago, nella tua vita sarà inconsapevolmente condizionato dalla tua rabbia e dalla tua voglia di cambiare.

Solo quando ciò che oggi desideri diventerà veramente ovvio, sfoglierai l’album della memoria e, appagata, darai un senso anche alla felicità dei tuoi momenti privati, consapevole di aver partecipato alla difesa della libertà.
La tua.


10 Gennaio 2011

Nell'immagine: Vincent Van Gogh, Notte stellata, 1899, Museum of Modern Art, New York.



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mercoledì 5 gennaio 2011

Il dio impazzito del fuoco

di Francesco CapalboL’esempio della “monnezza” sansostese sembra avvalorare l’idea che nei nostri abbandonati paesi non esistano vie di mezzo: o l’immobilismo o le illusioni.
E’ risaputo infatti come la maggioranza consiliare che amministra la malasorte del Comune di San Sosti non sia riuscita a gestire, per palese ed interessata incompetenza, il problema della raccolta e dello smaltimento dei pochi chilogrammi di rifiuti prodotti in paese.
Incapaci di porre rimedio a tale disservizio, i sopraddetti consiglieri si sono comportati come una sestiglia di illusionisti. Hanno tirato fuori dai loro vuoti cilindri un esilarante protocollo d’intesa per la realizzazione di un impianto in grado, secondo loro, di ardere in un solo giorno venti tonnellate di spazzatura. Asseriscono, improvvidi, che queste nefaste fornaci di cui esistono al mondo solo pochi prototipi, non producano scorie. Disconoscendo la legge di Antoine de Lavoisier (in natura nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si modifica) non sospettano che anche i rifiuti avvampando possano assumere forme alchemiche dannose per gli uomini, per le piante e per gli animali.
Che qualcuno alle pendici del Pollino proponga la costruzione di un tale marchingegno malefico appare comunque in sintonia con i tempi che viviamo, egemonizzati dall’epopea virtuale dei grandi illusionisti. A San Sosti come altrove, coloro i quali non si curano delle piccole cose, che danno ordine e decoro alla vita quotidiana, cercano di insufflare nelle teste dei cittadini progetti fantasmagorici e pericolosi.
Il progetto di un “dissociatore molecolare” costruito nella Valle dell’Alto Esaro evoca l’immagine mitologica di un impazzito Efesto che tenta di distruggere col fuoco, oltre agli scarti dei consumi compulsivi, la speranza residua che ancora alberga nei nostri trascurati borghi.
Tutti abbiamo il dovere di ostacolare, con forme di lotta democratica, il suo infausto proposito!

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