di Francesco Capalbo
Dal dibattito politico per le
prossime elezioni amministrative di primavera sembra sparito l’aspetto
progettuale, il famoso programma.
La disputa langue, alimentata solo da
ambizioni ricorrenti tramandate da padre in figlio. Ogni cinque anni si
consolidano vecchi egoismi. Si
risvegliano ardori perniciosi che impediscono il salto del paradigma, il
superamento del già visto e sperimentato.
I sorrisetti ironici, le battute
cattive stroncano le gambe ai pochi che vogliono portare il dibattito sopra un
piano costruttivo e nuovo.
Sono rare le persone che si rendono
conto di come il governo di alcuni fenomeni sia complesso: necessita di sapere,
competenza, impegno e serietà.
Prendiamo la sanità. Nessuna
azione, se non verbale, è stata presa nei confronti della guardia medica che
langue in uno stato preadamitico. Mancano attrezzature e medicinali. Il
conforto del medico di base è problematico.
In molti sembrano ignorare che la
popolazione è anziana e non può ricorrere alle cure del Pronto Soccorso
dell’Annunziata o dell’Ospedale di Castrovillari per ogni evenienza.
L’assistenza sanitaria è annoverata tra gli indici di qualità della vita di una
popolazione e costituisce un incentivo o
un disincentivo strutturale per quanti vogliono abitare o ritornare ad
abitare in un piccolo paese.
Se prendiamo in considerazione la
condizione degli anziani, il vuoto organizzativo in questo settore appare
palese e favorisce lo straniamento
cognitivo delle fasce di popolazione con età superiore ai sessanta anni.
Alcuni drammi evidenziano la veridicità di queste affermazioni.
Manca un circolo per la terza
età. Sono sempre di più le persone over
sessanta che vivono compresse dall’idea, ritenuta irrevocabile, di finire i
propri giorni in una casa di riposo. A questa prospettiva bisogna trovare il
modo di ribellarsi, non con proclami ma con pratiche amministrative adeguate. Ognuno
di noi ha il diritto di vivere nei luoghi in cui ha sempre vissuto.
La RSA San Giuseppe e la Casa San
Luigi devono essere perciò coinvolte (con le loro meritorie e filantropiche attività)
in innovativi rapporti di assistenza domiciliare, prefigurando anche la
possibilità di forme aperte di ricovero
assistenziale. Anche in questo caso è però necessario un salto di paradigma, che superi il dejà vu. Le due strutture devono essere considerate dagli
amministratori come opportunità nell’ambito
del soccorso, dell’assistenza e dell’occupazione produttiva e non come luoghi
di foraggiamento di aride clientele.
Queste parole non sono rivolte
contro nessuno. Vogliono solo stimolare un momento di crudo ma vero confronto,
senza sterili infingimenti. Un mondo è ormai finito. Altre forme organizzative,
non solo in campo sanitario, sono improcrastinabili. Solo così si evita lo
spopolamento del paese, di cui altrimenti tutti indistintamente saremo
responsabili.