sabato 1 agosto 2020

Diversi modi di pregare




di Francesco Capalbo

Nel centro storico di San Sosti, addossata alla chiesa di Santa Caterina, la più antica abitazione del paese è sfregiata dall'incuria. Col passare del tempo ha sciupato la sua aurea di discreta ricchezza ed ora esibisce le rughe di una sofferta vecchiaia.

Chi dovrebbe prendersene cura ne ignora il passato.

Nelle sue sobrie stanze il notaio Francesco La Cava apponeva sui documenti il sigillo del suo tabellionato e donna Adelaide Lancillotta suonava il piano col terzo pedale.

La residenza, ereditata dai coloni della famiglia La Cava, è stata abitata da due sorelle e due fratelli che per più di trent'anni l’hanno trasformata in un’oasi di laboriosa serenità.

Ora sul suo uscio cresce l’erba di “vientu”, una pianta che assoggetta ed umilia i luoghi disabitati.

Tutto intorno una gragnola di buste di plastiche e di lattine vuote.

Nonostante sia addossata alla chiesa parrocchiale, la casa ha pochi devoti.

L’altra mattina mi sono alzato con un pensiero stringente e stanco di aspettare “l’intervento del governo”, ho afferrato la scopa.

Mi sono detto: noi che abitiamo i paesi dell’interno abbiamo il dovere di trovare modi nuovi di pregare.

Le orazioni, se non si traducono in gesti utili per la comunità, rimangono effimere allocuzioni.

E secondo me anche le “assoluzioni” dovrebbero assumere forme inedite.

Per ogni peccato una doppia modalità di espiazione: una decade di preci e mezz'ora di sudore per il bene di tutti.

Pregando e liberando dall'erba di “vientu” gli usci delle abitazioni non più abitate, può darsi che ancora sia possibile ritessere l’ordito di una narrazione comune.

Invocando il nome di Dio e togliendo gli sterpi anche dagli stessi simboli del sacro, come nel caso delle colonnine della Via Crucis del Pettoruto, forse potremo scorgere un comune orizzonte sul quale posare lo sguardo.


 


martedì 21 luglio 2020

San Sosti : la (s)grammatica del razzismo



di Francesco Capalbo


Giuseppe Ritondale è uno scultore di San Sosti che vive a Milano.
A prima vista potrebbe apparire che le sue opere trovino ispirazione solo da vicende legate alla comunità che lo ha generato.
In realtà interpretano il dolore degli ultimi, dei senza patria, dei reietti della storia.
Trasfigurano il dolore che risiede nell’ universo, rivelano al mondo le lacrime ed il sangue generati dalla arroganza dei potenti.
Giuseppe in questi giorni è a San Sosti per visitare l’anziano padre.
Sul cruscotto della sua macchina ha trovato un biglietto di “benvenuto”.
La persona di Giuseppe è indicata con aggettivi considerati alla stregua di ingiurie: comunista, nero, villengiante, no Global.
 Milano è pensata come la capitale del Covid 19 e non andiamo oltre…
Il documento tagliente e sgrammaticato merita la esecrazione di tutta la comunità.
Nello stesso tempo documenta l’atrofia del sentimento, l'eclissi dell’intelligenza, la gratuità dell’offesa, determinata dalle nuove forme di razzismo che ormai dilagano senza inibizioni né remore morali in ogni parte del nostro paese.


sabato 18 luglio 2020

Tabernacoli vuoti




di Francesco Capalbo

Il mio paese ha una vita nascosta. 

È terra madre, protetta da una rocciosa Madonna, romitorio basiliano. Rumorosa Itaca e ingarbugliata Babilonia.

 Nelle sue viscere custodisce narrazioni, immagini, miraggi, sapori, rumori e suoni millenari.Molti dei suoi abitanti, coltivano arti che indagano il profondo dell’animo umano: la scrittura, la poesia, la pittura, la fotografia, la preghiera, la meditazione, l’archeologia, la musica, la gastronomia.

Tuttavia, quello che alberga nei suoi cunicoli non riesce a frantumare la crosta della diffidenza, non entra nei circuiti della condivisione.Non esiste una narrazione collettiva.Lo sguardo dei suoi abitanti non si posa sopra un comune orizzonte.  

Certo, noi sansostesi amiamo diffondere per il mondo il seme di una rappresentazione epica dei nostri luoghi: è una descrizione però irreale, nostalgica e languida nello stesso tempo.Le narrazioni collettive a San Sosti hanno il bisogno della mediazione del vino. La cantina è l’unico luogo nel quale è ancora percepibile il senso del destino comune.  Sensazione episodica, volatile, come lo spirito che la suscita.

La sofferenza per l’assenza di un racconto comune trasuda tuttavia anche dalle realizzazioni materiali, dalle rovine di quello che fu l’intervento pubblico nella nostra comunità.

Tredici “edicole” abbandonate sono diventate la metafora del racconto inespresso. Tabernacoli vilipesi. Manufatti muti e sparsi per tutto il territorio, invocano il diritto di parola.

Utilizziamole per raccontarci senza reticenza i grumi di speranza che albergano nel nostro animo.

Adoperiamole per rivelare a tutti il bello ed il buono che aleggia in un luogo nel quale l’inchiostro dei monaci basiliani alimentava il lume della conoscenza.

Narrare è infatti un verbo affine al termine latino “gnarus” ed indica colui che conosce, che è esperto, che è consapevole e perciò eterno.




domenica 26 aprile 2020

Resistenti


di Francesco Capalbo



Policastrello è un paesino della provincia di Cosenza. 
È abitato da una manciata di anime.
A vivere in quel luogo   bello e accogliente sono rimasti in pochi. Tra essi una coppia di resistenti: Elisa e Mario.
Accudiscono persone e cose.
 Lei è infermiere, animatrice culturale, cuoca, artista, sacrista, contadina, insegnante.
Lui è contadino, segretario in una scuola, fotografo, guida alpina: conosce le Alpi e gli Appennini come pochi altri.
Entrambi sono i custodi di antiche culture. 
Sul loro volto è stampigliata il calore dell’accoglienza Mediterranea.
Sono l'esempio dell’incanto e dell’umanità resistente che secondo Serge Latouche potrà salvare le nostre contrade.

giovedì 2 aprile 2020

Sulle case di riposo per anziani




di Francesco Capalbo

Dopo aver contato i morti bisognerà combattere una grande battaglia culturale per un nuovo modo di organizzare l'assistenza agli anziani.  
I vecchi hanno il diritto di vivere (in dignità!)  nei luoghi in cui hanno sempre vissuto.
Non in strutture d'internamento, accreditate anche da una certa vulgata di sinistra, come l'ultima trovata dello stato sociale.
Gli ospizi spuntati come funghi nei nostri svuotati paesi, evidenziano il vuoto spirituale e l'incapacità progettuale dei nostri politici.
Le case di riposo per anziani mettono in chiara evidenza come il mercato si sia impossessato della vecchiaia e dei meccanismi comunitari di solidarietà .Li ha  piegati alle ragioni del profitto.
Rappresentano l'ennesimo coltello piantato nel ventre delle nostre piccole comunità che sono state finanche  depredate dei loro antichi valori.
Esse portano a compimento il copia ed incolla di forme organizzative che non appartengono alle nostre esperienze umane. 
Chi ha le redini della politica capisca che le nostre popolazioni  hanno  sempre   circondato l'anziano proteggendolo con il loro calore e loro  presenza.  
In questa possente opera di solidarietà  sono state sempre impegnate  le famiglie, gli amici, il vicinato, la comunità, la parrocchia.
La  cultura del dono e della solidarietà ritorni ad ispirarci. 
È ereditata dai romani e dai greci. Coltivata dalla Chiesa Cattolica. 
Non può essere svenduta ad impresari delle pompe funebri!

domenica 22 marzo 2020

Ospedaletti da campo









di Capalbo Francesco


In questo enorme lazzaretto che è diventata l’Italia, non mancano i miracoli.
Apprendiamo dalla Gazzetta del Sud di oggi 22 marzo 2020 che il Vescovo di San Marco– Scalea offre le proprie strutture per accogliere persone in quarantena.
Al Santuario del Pettoruto di San Sosti, saranno attrezzati dodici posti letti per i malati lungodegenti del Nord.
Il gesto commuove, capovolge la geografia dell’accoglienza, restituisce senso all'esperienza cristiana. 
 I preti calabresi accorrono al fronte.
 Nel mezzo del campo di battaglia, costruiscono ospedaletti da campo e rifondano l’idea stessa di Chiesa.

sabato 22 febbraio 2020

Il volo del tacchino


di Francesco Capalbo


Ognuno di noi è attraversato da pulsioni contrastanti. Difficilmente governabili.
Agogniamo il cielo, ma siamo trattenuti dalla terra.
I voli degli umani, diceva Guccini, sono goffi come quelli dei tacchini.
Anche Jole Santelli è prigioniera di questa stregoneria.
La presidentessa della Calabria ha ali leggere.
Nelle notti di agosto, guidata da una grande astronoma, contempla le stelle.
Alcune volte vorrebbe toccarle.
I suoi piedi non sono in grado però di librarsi nell'aria. 
Disobbedienti come zavorre, le ricordano in ogni occasione che anche lei sulla terra ha una famiglia, esigente e bramosa.