mercoledì 14 ottobre 2009

Memoria e Futuro


Di Grazia La Cava

Il secolo scorso è stato testimone di grandi avvenimenti: la prima guerra mondiale, il ventennio fascista, la seconda guerra mondiale.
La formazione e l’educazione di quelli della mia generazione, pur non avendo assistito in maniera diretta a quei tragici eventi, non ha potuto non subirne l’influenza.
I nostri nonni e i nostri padri, attraverso le loro dirette testimonianze ci hanno, in qualche modo, resi partecipi di grandi sofferenze ma anche di grandi passioni civili e di quotidiane lotte per la sopravvivenza. I loro racconti hanno trasferito su noi stessi le loro esperienze investendoci inconsapevolmente della grande responsabilità di essere depositari di grandi valori di umanità e solidarietà che, inevitabilmente, si acquisiscono e si rafforzano in coincidenza di fatti tragici. In tal modo ci hanno consegnato in eredità un grande patrimonio da conservare e tramandare.
Ho visto il bellissimo film di Tornatore Baarìa dopo aver riletto (casualmente) “I fatti di Casignana” di Mario La Cava: storie di lotte contadine in Sicilia ed in Calabria, storie di gente semplice e povera che ha vissuto dal sud i grandi avvenimenti di quel secolo, lontano, quindi, dalla attiva partecipazione alle grandi lotte civili come la lotta al fascismo e la guerra partigiana. Eppure quelle genti, pur nella sofferenza e nella povertà (anzi, proprio perché nella sofferenza e nella povertà) hanno saputo uscirne con grande dignità - pur se talvolta sconfitti come avvenne a Casignana – dimostrando di volersi e sapersi ribellare alle ingiustizie ed alla sopraffazione, sacrificando talvolta anche vite umane. Eroi sconosciuti che Tornatore ha voluto ricordare nel suo film e La Cava nel suo romanzo.
A quasi 10 anni dall’inizio del nuovo secolo si ha come l’impressione che ci si dimentichi sempre più di ciò che è stato, ed è come se con l’ingresso nel nuovo millennio si sia voluto ripartire con slancio verso altri riferimenti, idee ed esempi da seguire con risultati quantomeno discutibili.
Probabilmente non abbiamo saputo sfruttare i racconti dei nostri cari per costruire dalle macerie e dalla povertà una Calabria migliore. Probabilmente non abbiamo saputo “passare” nel giusto modo ai nostri figli l’eredità ricevuta pensando così di render loro la vita più semplice, senza “disturbarli” con storie ormai lontane.
La Calabria del dopoguerra ha sempre subìto soprusi, inganni, mafia, malaffare. Ora, però, credo stia attraversando uno dei momenti più difficili della sua storia, con un territorio sempre più degradato, la ‘ndrangheta che si conferma la più potente organizzazione criminale del mondo, i veleni sparsi nei nostri mari e sui nostri monti con una politica regionale senza idee né progetti, la politica nazionale che guarda al sud solo per costruire ponti tra le rovine.
Scriveva Indro Montanelli dei calabresi negli anni ’50: “[…] Bisogna ribellarsi e porre riparo […] Noi non vogliamo ch’essi si rassegnino alla malasorte.”
Fin dove bisogna arrivare affinché i calabresi abbiano la forza ed il coraggio di ribellarsi? Ce l’abbiamo ancora la forza ed il coraggio? Sapremo uscirne con dignità come fecero i nostri padri? Oppure siamo capaci di reagire solo quando qualche decadente cantautore dice qualche cretinata?
La memoria forse ci potrà aiutare.

Bovalino 11 Ottobre 2009




© 2009 Francesco Capalbo

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