giovedì 21 luglio 2016

La grammatica valenziale e ... la macchina della verità






Francesco Capalbo

Non c'è dubbio, al Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca risiede un plotone, coi controfiocchi, di creativi esoterici.
Non poteva essere diversamente, visto che al vertice della piramide è accasermato un marcantonio di nome Faraone.
La legge sulla cosiddetta "Buona Scuola", ad esempio, è una supposta avvelenata e gli involucri verbali nei quali essa è avvolta sembrano clisteri occulti, incomprensibili e misteriosi.
Dal cilindro del Ministro, proprio in questi giorni, è stato estratto un altro prodigio:  i nuovi insegnanti dovranno essere assunti sulla base di quattro competenze scelte dai Dirigenti.
Nessuno si è preso la briga di spiegare perché le competenze debbano essere proprio quattro. Alcuni avanzano l'ipotesi che esse abbiano a che fare con  le virtù cardinali che sono quattro, altri con gli elementi alchemici. La corporazione degli insegnanti  di religione, che non è assoggettata  ad alcun obbligo valutativo, è arrivata a stabilire finanche una intima connessione con il tetragramma biblico, le quattro lettere che nella fede ebraica simboleggiano il nome di Dio.
Per i Dirigenti le cose non sembrano vadano meglio: sono  valutati con la "grammatica valenziale", un marchingegno investigativo mutuato a quanto si dice, dalle neuro scienze. Ai Dirigenti Scolastici viene chiesto di descrivere con  150 caratteri gli obiettivi che si prefiggono di raggiungere.  Un particolare software ideato dalla Hewllet - Packard, attraverso l'analisi dei verbi adoperati e delle "valenze che dipendono dalla loro forma aggregativa", ne accerta la coerenza e la chiarezza,  snidando i presidi cazzari.
Gli alacri alchimisti del MIUR hanno ora un unico cruccio: sembra che la "grammatica valenziale" scansioni solo i linguaggi formali e non serva per valutare  gli operatori scolastici che, a livello grammaticale, costituiscono una sorta di "quarto stato" della scuola italiana.
Vanificata l'idea della "grammatica valenziale", per misurare le performance aziendali (con scopa e ramazza) dei bidelli, non resta altro che la macchina della verità.
Non è forse così che fanno i detectives nei telefilm americani?





domenica 1 maggio 2016

Gli ulivi di Scolacium e il deserto dei Tartari


di Francesco Capalbo

Scolacium è il bellissimo Parco Archeologico di Roccelletta di Borgia,in provincia di Catanzaro,  a pochi chilometri dal Centro Direzionale della Regione Calabria.
Tra gli ulivi centenari  si ergono le maestose rovine dell’abbazia dedicata a Santa Maria della Roccella, i ruderi del Foro romano, i resti di un teatro, di un anfiteatro e di  una necropoli bizantina.
Il Museo Archeologico, nel quale sono esposte diverse statue romane di  pregevole fattura e una ricca raccolta numismatica, è un gioiello che meriterebbe legioni di visitatori se solo in Calabria vi fossero politiche culturali accorte. Un custode di nome Giocondo, ci permette di visitarlo nonostante l’ora di chiusura; la sua prosa è irrefrenabile:  non riesce a capacitarsi di come la fortuna bussi alle nostre porte  e noi,  per uno strambo maleficio, non siamo in grado di riconoscerla.
Il viso  del guardiano del museo s’infiamma  quando esterna senza pudicizia i suoi sogni: vorrebbe che queste terre rifiorissero come ai tempi dei romani e dei bizantini.
 Le sue parole reclamizzano una sorta di vaccino sicuro contro le miserie che affliggono noi calabresi: “Se luoghi come questi, che rappresentano la nostra Isotta Fraschini,  fossero tenuti in debita considerazione, i nostri giovani non sarebbero più costretti a partire e nessuno all’infuori di qualche pazzo, si permetterebbe di fare il malacarne”.
Durante il viaggio di ritorno verso casa, un pensiero mi ha tenuto compagnia.  Se mai le corolle dei nostri trascurati  fiori, avranno la ventura di sbocciare, sarà per l’impegno   dei tanti umili giardinieri che, come Giocondo contrastano ogni giorno i rovi del nostro malanimo e non per merito di quanti hanno stanza nel Centro Direzionale della Regione Calabria, sonnolenta fortezza  hollywoodiana, scaraventata in un deserto  che sembra quello … dei Tartari.


© 2009 francescocapalbo.blogspot.com



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venerdì 1 aprile 2016

Santini senza santità





di Francesco Capalbo

500 santini elettorali a soli 10 euro. E’ questa l’economica proposta di un’azienda dal nome lungimirante (Ego), rivolta allo sciame di locuste che a Cosenza si appresta a divorare il raccolto.
Il santino, come è risaputo, rappresenta un’immagine sacra. Nell’uso familiare, ricorda inoltre una persona cara defunta o anche il giorno di un sacramento (ad esempio quello della Prima Comunione).
Saperlo scaduto a scacciosa immaginetta elettorale, ci obbliga a fare voti affinché, in futuro, la dissacrante azienda non abbia in pensiero di far commercio con i reliquiari o gli scapolari di simili santi.



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giovedì 17 marzo 2016

Gioventù imboccata



di Francesco Capalbo

Maria Elena Boschi invece di rottamare il discusso papà, (i padri, si sa, non sono mai vecchi!), ha difeso la designazione di Andrea, giovane rampollo dei Gentile, nel Consiglio di Amministrazione dell’Istituto Tumori di Milano.
"La chiamata è avvenuta nel pieno rispetto delle leggi", ci ha ricordato, rara come una venere albina, la ministra.
Tra i polloni di esclusivo lignaggio sembra infatti imperare la regola aurea della difesa vicendevole del loro diritto ad essere imboccati.
Il dettame naturalmente non vale per tutti. A Cosenza ad esempio è legittimo solo per i germogli di lor signori: Mancini & Covello, Morrone & Gentile, Pirillo & Carbone.
Gli altri giovani? Sono tutti da rottamare, proprio come i loro vecchi e sfortunati  padri.


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venerdì 11 marzo 2016

Una nuova teoria della transumanza




di Francesco Capalbo


Dorina Bianchi, in questa cattiva stagione della politica calabrese, ci ricorda quei pastori d’inverno che transumano in cerca di pascoli .
 In quindici anni, l’onorevole in questione  ha cambiato sette partiti;sette come le piaghe d’Egitto!
Sostiene, Madonna Pellegrina, che di volta in volta sono stati i partiti nei loro mutamenti a rimanere sedotti dal suo acume di devota cattolica e  le hanno offerto  verdi praterie ove pasturare.
Interessanti appaiono queste motivazioni,poiché  sovvertono finanche  la teoria classica della transumanza.
 E’ un po’ come se un pastore asserisse che non è lui con le sue greggi a spostarsi verso i luoghi di transumanza ma è la valle a trasformarsi, come d’incanto, in un verde pascolo d’alta quota .



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