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di Francesco Capalbo
Per Broccolo, il coccodrillo della Lacoste non era un innocuo logo, ma
un rettile insidioso che si annidava nel petto di coloro che predicavano
l'uguaglianza mentre si godevano il comfort di un capo da «borghesi», un
tradimento che gli bruciava dentro da anni. Era un simbolo di ipocrisia
così lampante da causargli spasmi al diaframma. Il suo cervello era uno scanner
ad alta risoluzione, in grado di distinguere una Lacoste originale da una
contraffazione a chilometri di distanza e di associare istantaneamente il colore
e il taglio a un potenziale tradimento ideologico.
Aveva passato una vita a classificare i «comunisti Lacoste». C'era
il «comunista
casual»
che osava una Lacoste bianca con jeans sdruciti, come a voler dire «sono
del popolo, ma con stile». Poi il «comunista intellettuale»,
spesso con una Lacoste blu scuro sotto un blazer di tweed, pronto a disquisire
di Gramsci sorseggiando un caffè costoso. E il suo incubo peggiore: il «comunista
agitatore»,
con la Lacoste rosso fuoco che urlava la sua contraddizione in piazza, quasi un
megafono di ipocrisia.
Una volta, un giovane entrò nella sua ferramenta con una polo Lacoste
palesemente falsa, il coccodrillo storto e sbiadito. Broccolo lo fissò con un
misto di disprezzo e quasi rispetto pensando: «Almeno questo è troppo povero
per essere un comunista». Gli vendette il cacciavite con un sorriso amaro.
L’ossessione di Broccolo raggiunse livelli parossistici. Iniziò a
fotografare, di nascosto, gli «esemplari» più eclatanti, creando un
album degli orrori intitolato «Coccodrilli Rossi».
Aveva persino provato a contare quante «Lacoste comuniste»
vedeva, annotandole su un taccuino segreto. Il numero più alto era stato 17, un
venerdì nero che lo aveva lasciato con un'emicrania martellante. La sera, a
casa, faceva lunghe e complesse dissertazioni con sua moglie, Maria, che
annuiva paziente mentre stirava. «Vedi, Maria? Il problema non è il
coccodrillo in sé. È il messaggio! È il tradimento della causa proletaria!».
Maria, sconsolata, per il compleanno gli regalò persino una polo Lacoste.
Rossa. «Così,
almeno, non avrai più il problema di vederle in giro» gli disse con un sorriso che
sapeva di preghiera. Broccolo conservò
la Lacoste nell'armadio per anni, intonsa, come monumento alla sua particolare
battaglia. Non l'avrebbe mai indossata.
La sua massima vendetta fu appenderla periodicamente in bella vista in
un angolo del suo confuso negozio, rivolta verso il muro, come un trofeo di
guerra muto. Un monito per i pochi che capissero e un enigma per tutti gli
altri.
The betrayal of the crocodile
For Broccolo, the Lacoste crocodile wasn't an innocent logo; it was an insidious reptile lurking on the chests of those who preached equality while enjoying the comfort of a "bourgeois" garment. This betrayal had festered within him for years. It was a symbol of hypocrisy so blatant it caused his diaphragm to spasm. His brain was a high-resolution scanner, capable of distinguishing an original Lacoste from a counterfeit miles away, and instantly associating the color and cut with potential ideological treason.
He had spent a lifetime classifying "Lacoste communists." There was the "casual communist" who dared to wear a white Lacoste with ripped jeans, as if to say, "I'm one of the people, but with style." Then the "intellectual communist," often in a dark blue Lacoste under a tweed blazer, ready to discuss Gramsci while sipping an expensive coffee. And his worst nightmare: the "agitator communist," with a fiery red Lacoste screaming their contradiction in the town square, almost a megaphone of hypocrisy.
One time, a young man entered his hardware store wearing a clearly fake Lacoste polo, the crocodile crooked and faded. Broccolo stared at him with a mix of disdain and almost respect, thinking, "At least this one is too poor to be a communist." He sold him the screwdriver with a bitter smile.
Broccolo's obsession reached paroxysmal levels. He began secretly photographing the most egregious "specimens," creating an album of horrors titled "Red Crocodiles." He even tried to count how many "communist Lacostes" he saw, noting them in a secret notebook. The highest number was 17, a black Friday that left him with a pounding migraine. In the evenings, at home, he would engage in long, complex dissertations with his wife, Maria, who would patiently nod as she ironed. "See, Maria? The problem isn't the crocodile itself. It's the message! It's the betrayal of the proletarian cause!"
Maria, disheartened, even gave him a Lacoste polo for his birthday. Red. "That way, at least you won't have to worry about seeing them around anymore," she said with a smile that was almost a prayer. Broccolo kept the Lacoste in his closet for years, untouched, as a monument to his particular battle. He would never wear it. His ultimate revenge was to periodically hang it prominently in a corner of his cluttered shop, facing the wall, like a silent war trophy. A warning for the few who understood and an enigma for all the others.