di Francesco Capalbo
Sono sempre più ricorrenti, a proposito dei PISL (progetti integrati di sviluppo locale), gli inviti affinché i politici della Valle dell’Esaro non permettano che si perdano altri treni.
L’immagine del treno che passa veloce per le malandate stazioni di questa nostra forra selvaggia, lasciando a terra in maniera indistinta tutti i passeggeri, è in realtà una metafora abusata che non restituisce il vero senso delle dinamiche che si sono aggomitolate nel corso degli anni.
Dal dopoguerra in poi per le stazioni della nostra trascurata gola sono transitati parecchi treni: alcuni avevano i vagoni fiammanti che sembravano quelli dell’Orient Express ma solo pochi ingordi passeggeri hanno trovato posto sopra di essi.
In molti, pur pagando regolarmente il biglietto, sono rimasti col culo per terra, ingurgitando solo il vortice di polvere che i convogli ferroviari son soliti lasciare.
Nella Valle dell’Alto Esaro negli anni novanta sono stati stanziati per un fantomatico parco naturalistico ed archeologico, solamente cinque miliardi di vecchie lire!
Non è chiaro percepire a tutt’oggi quali ricadute questo rilevante finanziamento abbia avuto per il suo territorio e i segni che esso ha lasciato sulla comune ricchezza.
Altri rivoli di risorse pubbliche, nel corso degli anni, hanno contribuito a disseminare su ogni angolo del territorio inutili sarcofagi nei quali è stato sepolto il senso del bello.
Questo sostenuto flusso di denaro pubblico ha rappresentato una inequivocabile occasione di arricchimento per una coorte di faccendieri, sempre pronti ad intascare congrue prebende ed ha rafforzato l’insipido ceto politico autoctono. Quest’ultimo, non essendo depositario di particolari abilità progettuali, ha tessuto rapporti subalterni con deputati e senatori, ha lusingato consiglieri regionali e provinciali. Ha finanche blandito, con furbizie e sopressate, un vorace nugolo di funzionari disponibili ad apporre i loro traviati pareri su finanziamenti improduttivi.
E adesso che la Valle dell’Alto Esaro sta diventando una landa abbandonata dalla quale emergono solo i resti di ingordi banchetti, si sussurra di bocca in bocca che altri treni siano in procinto di passare per le sue deserte stazioni.
C’è da augurarsi che comunità che per anni hanno premiato, facendoli assurgere a simboli, maneggioni che vivono di espedienti e di astuzie autodistruttive, si accorgano pian piano come sia indispensabile sperimentare rotte virtuose ed incamminarsi su integri binari.
I viaggi, affinché si rivelino appaganti e garantiscano solidi approdi, necessitano di mete oneste progettate con cura. Solo nell’ epica del Far West branchi di fuorilegge salivano sui treni in corsa ed apparivano contenti del loro stralunato imbarco verso “chissà cosa e chissà dove” .
Sono sempre più ricorrenti, a proposito dei PISL (progetti integrati di sviluppo locale), gli inviti affinché i politici della Valle dell’Esaro non permettano che si perdano altri treni.
L’immagine del treno che passa veloce per le malandate stazioni di questa nostra forra selvaggia, lasciando a terra in maniera indistinta tutti i passeggeri, è in realtà una metafora abusata che non restituisce il vero senso delle dinamiche che si sono aggomitolate nel corso degli anni.
Dal dopoguerra in poi per le stazioni della nostra trascurata gola sono transitati parecchi treni: alcuni avevano i vagoni fiammanti che sembravano quelli dell’Orient Express ma solo pochi ingordi passeggeri hanno trovato posto sopra di essi.
In molti, pur pagando regolarmente il biglietto, sono rimasti col culo per terra, ingurgitando solo il vortice di polvere che i convogli ferroviari son soliti lasciare.
Nella Valle dell’Alto Esaro negli anni novanta sono stati stanziati per un fantomatico parco naturalistico ed archeologico, solamente cinque miliardi di vecchie lire!
Non è chiaro percepire a tutt’oggi quali ricadute questo rilevante finanziamento abbia avuto per il suo territorio e i segni che esso ha lasciato sulla comune ricchezza.
Altri rivoli di risorse pubbliche, nel corso degli anni, hanno contribuito a disseminare su ogni angolo del territorio inutili sarcofagi nei quali è stato sepolto il senso del bello.
Questo sostenuto flusso di denaro pubblico ha rappresentato una inequivocabile occasione di arricchimento per una coorte di faccendieri, sempre pronti ad intascare congrue prebende ed ha rafforzato l’insipido ceto politico autoctono. Quest’ultimo, non essendo depositario di particolari abilità progettuali, ha tessuto rapporti subalterni con deputati e senatori, ha lusingato consiglieri regionali e provinciali. Ha finanche blandito, con furbizie e sopressate, un vorace nugolo di funzionari disponibili ad apporre i loro traviati pareri su finanziamenti improduttivi.
E adesso che la Valle dell’Alto Esaro sta diventando una landa abbandonata dalla quale emergono solo i resti di ingordi banchetti, si sussurra di bocca in bocca che altri treni siano in procinto di passare per le sue deserte stazioni.
C’è da augurarsi che comunità che per anni hanno premiato, facendoli assurgere a simboli, maneggioni che vivono di espedienti e di astuzie autodistruttive, si accorgano pian piano come sia indispensabile sperimentare rotte virtuose ed incamminarsi su integri binari.
I viaggi, affinché si rivelino appaganti e garantiscano solidi approdi, necessitano di mete oneste progettate con cura. Solo nell’ epica del Far West branchi di fuorilegge salivano sui treni in corsa ed apparivano contenti del loro stralunato imbarco verso “chissà cosa e chissà dove” .
Foto grande : locandina dell'Orient Express.
Foto piccola: San Sosti, località Casiglia: i resti di un ricovero montagna.
© 2009 francescocapalbo.blogspot.com
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