sabato 13 febbraio 2010

31 dicembre 1938: la lunga notte del male


Prima parte

di Francesco Capalbo

Durante l’estate del 1938, gli apparati del fascismo evocarono in maniera spudorata i demoni del razzismo.
Con un imponente spiegamento di energie, si agitarono da un capo all’altro dell’Italia teorie che diedero il loro significativo contributo ideologico alla discriminazione, alla persecuzione ed infine allo sterminio di chiunque fosse identificato come appartenente alla razza ebraica.
Il 14 luglio del 1938 venne pubblicato il “Manifesto sulla purezza della razza italiana” redatto da 10 scienziati.
In esso si sosteneva che la questione del razzismo in Italia dovesse essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza mediazioni filosofiche o religiose.
Al termine di un’attesa quasi messianica era arrivato il tempo in cui gli italiani si sarebbero potuti proclamare senza esitazione “francamente razzisti”.
Gli assertori del razzismo biologico pretendevano di definire le razze in base a parametri fisici e fisiologici (la forma del cranio, del viso, dello scheletro, il colore della pelle e dei capelli, il taglio degli occhi, i gruppi sanguigni, e così via), classificandole così come si fa con quelle canine, per poi postulare che sono i caratteri somatici ed organici a determinare le disposizioni psichiche e caratteriali. .
Secondo questa visione, gli italiani avevano caratteri puramente europei, completamente diversi da tutte le altre razze extra- europee, che non dovevano essere alterati da unioni meticcie .
Gli ebrei venivano additati come gli unici che nel nostro paese non si erano mai assimilati al resto della popolazione, proprio perché segnati biologicamente da elementi razziali non europei.
Il 25 luglio del 1938, un comunicato della segreteria del P.N.F. precisò che da questa formulazione, ancora dottrinaria, sarebbero scaturite ulteriori puntualizzazioni e decisioni politiche.
Il tempo premeva: con la creazione dell’ “impero”, la razza italiana era venuta in contatto con altre “razze” e doveva essere messa tempestivamente al riparo da ogni ibridismo o contaminazione.
E i provvedimenti non tardarono…
Il 5 settembre del 1938, il Regio Decreto Legge n° 1390 stabilì che alle scuole di qualsiasi ordine e grado, ai cui studi fosse stato riconosciuto effetto legale, non potevano essere iscritti alunni di razza ebraica. Dal 16 ottobre, inoltre, tutti gli insegnanti ebrei delle stesse scuole dovevano considerarsi sospesi dal servizio.
Il 7 settembre del 1938, il Regio Decreto Legge n°1381 revocò le concessioni di cittadinanza italiana, comunque fatte a stranieri ebrei, anteriormente al primo gennaio 1919.
Il 6 ottobre dello stesso anno, il Gran Consiglio del Fascismo sancì il divieto di matrimonio di italiani e italiane con elementi appartenenti alla razza camita, semita e altre razze non ariane. Nello stesso tempo si ordinò di rafforzare le misure contro chi attentava al prestigio della razza nei territori dell’impero. Per gli ebrei vennero anche prospettate pesanti limitazioni economiche riguardanti il possesso di aziende o di terreni.
Il 17 novembre il Regio Decreto 1728 stabilì che l’appartenenza alla razza ebraica dovesse essere denunziata ed annotata nei registri dello Stato Civile e della popolazione. Tutti gli estratti dei predetti registri ed i certificati relativi dovevano fare espressa menzione di tale annotazione.
Il paradigma dei codici discriminatori si completò con il Regio Decreto Legge del 29 giugno del 1939 che disciplinava l’esercizio delle professioni da parte degli appartenenti alla razza ebraica. Si sancì che ad essi fosse fatto divieto di esercitare la professione di notaio e di giornalista. Per le professioni di medico-chirurgo, farmacista, veterinario, ostetrica, avvocato, procuratore, patrocinatore legale, esercente in economia e commercio, ragioniere, ingegnere, architetto, chimico, agronomo, geometra, perito agrario, perito industriale, furono previsti degli elenchi aggiunti istituiti in appendice agli albi professionali.
A sostegno delle leggi razziali uscì, dall’agosto del 1938 al giugno del 1943, sotto gli auspici del Ministero della Cultura Popolare, “ La Difesa della Razza”, una rivista quindicinale.
Le leggi razziali trovarono in Italia appoggi generalizzati: il pensiero razzista ed antisemita aveva avuto la capacità di propagarsi anche negli angoli più remoti dell’Impero.
Oggi, a 72 anni dalla loro promulgazione, sono molti quelli che tendono a sminuirne la portata, sostenendo che il “razzismo” italiano fu essenzialmente ideologico, quasi una corrente di pensiero evanescente e tiepido A quanti sostengono (alcuni sono anche degli insospettabili!) che le leggi razziali italiane non abbiano avuto nulla a che fare coi campi di sterminio allestiti dai tedeschi, è necessario ricordare senza esitazione che esse giustificarono, prepararono e accompagnarono lo sterminio di milioni di esseri umani.


Nella immagine grande: Manifesto del razzismo italiano, La difesa della razza, 5 agosto 1938, pag.1.
Nella immagine piccola: Vignetta, La difesa della razza, IV,17,29.
Il testo sotto la vignetta è il seguente: “L’abitudine è una seconda natura. Gli ebrei tentano di concludere affari anche nei campi di concentramento.”



Fine prima parte



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