venerdì 3 settembre 2010

Fuochi d'agosto


di Francesco Capalbo

Con ciclica puntualità agosto è il mese dell’anno nel quale in Calabria si verifica il maggior numero di incendi.
Gli esperti ci spiegano come in natura l’autocombustione sia un fenomeno poco probabile e che molti dei roghi che devastano ogni anno una cospicua parte del patrimonio boschivo calabrese, siano nella quasi totalità dei casi, attribuibili ad un personaggio indicato col nome indistinto di piromane ,di cui invero esistono almeno quattro significative tipologie.
L’incendiario principe è sicuramente il piromane afflitto dalla sindrome di Nerone. E’ un soggetto disturbato dal punto di vista mentale, un vero e proprio psicopatico al quale andrebbero prestate con determinazione le cura del caso. I suoi istinti infuocati, sopiti durante tutto l’anno, d’estate si esaltano e con la canicola seminano fiamme, fumo e cenere.
Il “piromane speculatore” è invece un rovente imprenditore che mosso dal lucro, tenta di acquisire per quattro soldi i terreni distrutti dalle fiamme che egli stesso in maniera proditoria ha provveduto ad appiccare.
Non abbiamo tema di passare per osservatori bizzarri nel riferire come ultimamente dalle nostri parti si stia affermando la figura del… “piromane ieratico”.
Ben tollerato dalle autorità competenti e mosso da fermenti religiosi, nella stagione calda è solito organizzare, in occasione di pompose feste stile borbonico, spettacoli pirotecnici che solitamente si tramutano in incendi, fortunatamente di contenute dimensioni.
Nell’articolo che segue, tratto da Cronaca di Calabria del 24 agosto 1922, si fa riferimento invece al “piromane vendicatore” che appicca il fuoco con lucida determinazione, tentando in tal modo di vendicarsi di uno sgarbo o di un torto ricevuto.
Nell’agosto del 1922 un incendio distrusse nella montagna sansostese trecento ettari di terreno boscoso. Il paese rimase avvolto per giorni e giorni in una densa e pestilenziale coltre di fumo. Nelle operazioni di spegnimento si distinsero il sindaco dell’epoca, il cavaliere Eugenio Giordanelli, che proprio in quei giorni era stato insignito della Croce di Cavaliere della Corona d’Italia ed il maresciallo dei Carabinieri, Ambriani Antonio.
Non fu possibile accertare le cause dell’ incendio che invase contrade “fiorenti di faggi, ontani e di essenze legnose”. Alcuni cittadini pensarono ad un fenomeno di autocombustione. Altri,in maniera più realistica, protesero per la tesi che si fosse trattato di una “solenne e violenta” protesta contro i provvedimenti di un solerte Ispettore Forestale, che aveva vietato i pascoli con feroce rigore, infliggendo un mortale colpo alla pastorizia, all’epoca ritenuta la risorsa più consistente del territorio di San Sosti.



INCENDIO BOSCHIVO
San Sosti, 20 agosto 1922


Un poderoso incendio si è sviluppato sui monti di questo territorio, invadendo le contrade più fiorenti di faggi, di ontani, elci ed altre preziose essenze legnose per una estensione di circa trecento ettari. Le fiamme rosseggiavano immense sulla vasta zona del nostro patrimonio boschivo, mentre una fitta nebbia di fumo si aggirava lenta e distesa sulla pianura e nelle vallate. Furono invano richiesti mezzi e truppa per l’opera di spegnimento, finché lo slancio ammirevole di questa cittadinanza, dopo lavoro indefesso, e duraturo, è riuscito a domare l’impeto e le conseguenze dell’incendio, limitando il danno già considerevole e pressoché incalcolabile.
Non possiamo tacere l’opera ammirevole di questo Sindaco cav. Eugenio Giordanelli, il quale si recò personalmente sul luogo a dirigere le squadre operaie, incoraggiandole con l’incitamento e l’esempio. Né può rimanere sotto silenzio l’iniziativa, l’opera e l’ardimento del locale comandante la Stazione dei RR. CC. signor Antonio Ambriani, superiore ad ogni elogio. Ai due funzionari l’ammirazione e la gratitudine di questa cittadinanza.
Non abbiamo potuto accertare le cause dell’immane ondata di fuoco.
Chi parla di una solenne e violenta protesta dei cittadini contro i rigori dell’Ispettore Forestale di Cosenza per ave vietato i pascoli con i rigori feroci abolendo così la pastorizia, la più grande risorsa di questo Comune.
Chi parla di incendio spontaneo causato dagli eccessivi ed eccezionali calori della stagione.
Fra l’una e l’altra ipotesi non sappiamo discernere la verità, ond’è che la nostra indagine si arresta alla dolorosa constatazione dell’irreperibile danno, ed al rimpianto di non aver venduto i nostri boschi nel momento opportuno rinunciando così ad un vero tesoro. E’ ciò sempre per l’ignavia delle competenti Autorità, poiché non era mancata l’iniziativa dell’Amministrazione e quella di un privato cittadino.


© 2009 francescocapalbo.blogspot.com

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