giovedì 17 marzo 2022

Due parole sulle elezioni politiche di primavera a San Sosti: : la Sanità


 

di Francesco Capalbo

 

Dal dibattito politico per le prossime elezioni amministrative di primavera sembra sparito l’aspetto progettuale, il famoso programma.

La disputa langue, alimentata solo da ambizioni ricorrenti tramandate da padre in figlio. Ogni cinque anni si consolidano vecchi egoismi.  Si risvegliano ardori perniciosi che impediscono il salto del paradigma, il superamento del già visto e sperimentato.

I sorrisetti ironici, le battute cattive stroncano le gambe ai pochi che vogliono portare il dibattito sopra un piano costruttivo e nuovo.

Sono rare le persone che si rendono conto di come il governo di alcuni fenomeni sia complesso: necessita di sapere, competenza, impegno e serietà.

Prendiamo la sanità. Nessuna azione, se non verbale, è stata presa nei confronti della guardia medica che langue in uno stato preadamitico. Mancano attrezzature e medicinali. Il conforto del medico di base è problematico.

In molti sembrano ignorare che la popolazione è anziana e non può ricorrere alle cure del Pronto Soccorso dell’Annunziata o dell’Ospedale di Castrovillari per ogni evenienza. L’assistenza sanitaria è annoverata tra gli indici di qualità della vita di una popolazione e costituisce un incentivo o un disincentivo strutturale per quanti vogliono abitare o ritornare ad abitare in un piccolo paese.

Se prendiamo in considerazione la condizione degli anziani, il vuoto organizzativo in questo settore appare palese e favorisce lo straniamento cognitivo delle fasce di popolazione con età superiore ai sessanta anni. Alcuni drammi evidenziano la veridicità di queste affermazioni.

Manca un circolo per la terza età. Sono sempre di più le persone over sessanta che vivono compresse dall’idea, ritenuta irrevocabile, di finire i propri giorni in una casa di riposo. A questa prospettiva bisogna trovare il modo di ribellarsi, non con proclami ma con pratiche amministrative adeguate. Ognuno di noi ha il diritto di vivere nei luoghi in cui ha sempre vissuto.

La RSA San Giuseppe e la Casa San Luigi devono essere perciò coinvolte (con le loro meritorie e filantropiche attività) in innovativi rapporti di assistenza domiciliare, prefigurando anche la possibilità di forme aperte di ricovero assistenziale. Anche in questo caso è però necessario un salto di paradigma, che superi il dejà vu. Le due strutture devono essere considerate dagli amministratori come opportunità nell’ambito del soccorso, dell’assistenza e dell’occupazione produttiva e non come luoghi di foraggiamento di aride clientele.

Queste parole non sono rivolte contro nessuno. Vogliono solo stimolare un momento di crudo ma vero confronto, senza sterili infingimenti. Un mondo è ormai finito. Altre forme organizzative, non solo in campo sanitario, sono improcrastinabili. Solo così si evita lo spopolamento del paese, di cui altrimenti tutti indistintamente saremo responsabili.