lunedì 29 giugno 2009

Muse calabresi

Segnalato da Grazia La Cava

Il 3 luglio, alle ore 21, nel complesso monumentale San Giovanni di Catanzaro si terrà uno spettacolo musico- teatrale dal titolo “ Muse teatrali”, promossa dall'Associazione ASSOFORMAC e curata dalla cantastorie popolare Francesca Prestia. L’iniziativa sarà dedicata a quelle figure femminili che hanno ispirato la mente e la fantasia dei migliori scrittori calabresi quali Mario La Cava, Leonida Répaci, Corrado Alvaro, Franco Costabile, Saverio Strati.
La maestrale lettura dell'artista Mario Maruca e il canto d'a cantastorij, intervallate dai morbidi ed eterei movimenti di danza moderna di Tiziana Rotundo coreografati dal maestro Giovanni Calabrò (ArteDanza di Catanzaro Lido) tracceranno inaspettati ritratti di alcune figure femminili calabresi che hanno stimolato la creatività letteraria.
Il canto e la recitazione, la danza saranno accompagnati dai suoni della chitarra classica, della chitarra battente, del mandolino, del violoncello, del violino, della lira calabrese, del tamburello e delle percussioni popolari. Le ballate ed i canti appartengono in parte al patrimonio tradizionale calabrese e in parte sono composizioni originali di Francesca Prestia.

I brani prescelti per l'iniziativa sono stati estrapolati dalle seguenti opere:


Calabria, grande e amara di Leonida Répaci
L’allevatrice di bachi di Mario La Cava
Colloqui con Antonuzza di Mario La Cava
La scuola dei contadini di Saverio Strati
Il Mare di Corrado Alvaro
Il ritratto di Melusina di Corrado Alvaro
Ritorno del soldato di Mario La Cava
Acqua di Menta di Franco Costabile
Questa è un ulteriore omaggio che 'a cantastorij fa alla sua amata Calabria.


INGRESSO LIBERO


© 2009 Francesco Capalbo


martedì 23 giugno 2009

Fervori d'altri tempi

di Francesco Capalbo

Mi è stato chiesto come mai abbia pubblicato sul blog le foto (http://francescocapalbo.blogspot.com/2009/06/san-sosti-corpus-domini-2009vecchi-e.html) della cerimonia del Corpus Domini di San Sosti, fuoriuscendo apparentemente dai binari di una linea editoriale che vuole “Mille storie, mille memorie” impegnata solo sul versante della cultura e non della cronaca o in quello della polemica politica.
Il motivo è semplice: pur rispettando gli aspetti intimi ed alti del momento religioso, mi è parso importante contribuire a documentare quel che “rimane” nelle nostra società dei riti e delle cerimonie che nei tempi passati garantivano visibilità e consenso ai possidenti ed ai ceti dominanti.
In occasione di solennità come quelle del Corpus Domini, nei paesi dell’Italia Meridionale, è infatti possibile riscoprire tracce, anche a livello cromatico o nella foggia delle vesti esibite, di una religiosità ostentata che una volta legittimava il potere delle classi dominanti. Proprio attraverso il “rito dell’ombrello e del baldacchino” l'autorità dei nobili veniva percepita come edulcorata perché si assoggettava al potere divino, ma nello stesso tempo si imponeva come pervasiva e…immodificabile.
Ai giorni d’oggi queste “persistenze antropologiche” raccolgono lo stesso interesse delle tracce biologiche racchiuse all’interno dell’ambra: servono a ricordarci di forme religiose passate che per un giorno tentano di rianimarsi.
A proposito’ di queste problematiche, riporto di seguito un mio articolo dal titolo: “Fervori d’altri tempi”, pubblicato nel 2001 sul Quotidiano della Calabria e nel settembre dello stesso anno su “La Nostra Voce”, periodico diretto, con grande impegno, dal professor Luigi Fiore.

Fervori d'altri tempi

Tempi grami: di disinvolte abiure, di convinzioni che rimangono solide fin quando esibirle costa mezzo centesimo. Poi, basta che il vento cambi direzione ed esse si sgretolano. Neve di marzo! Prendete l’idea Risorgimentale dell’alterità della religione rispetto alle vicende dello stato.
Chi la sostiene più con dignità? È bastato che Bassolino presenziasse in contrito silenzio alla liquefazione del sangue di San Gennaro, che un esercito di replicanti con fascia tricolore ha colto ogni occasione per partecipare a processioni, messe, Te deum di ringraziamento. Sembra questa la nuova frontiera del consenso per un ceto politico meridionale (anche di sinistra!) privo d’identità culturale: “Signori non basta essere buoni. Che la bontà sia esibita ed intrisa di retorica clericale!” Idea nuova o furbizia già sperimentata? Cerchiamo nella bisaccia della storia. In un bel saggio dal titolo: “L’Italia prima dell’Unità (1815 – 1860)” Rodolfo Bracalini mette in luce il rapporto tra consenso religioso da parte dell’élites politica del Regno delle due Sicilie scrivendo : “Le manifestazioni del culto avevano assunto la forma del folclore e della superstizione. Alla processione del Corpus Domini intervenivano tutti i dignitari del Regno e la corte al completo con il re in testa in qualità di capo dello stato”. Quanto la partecipazione a queste cerimonie fosse sincera è Pietro Colletta a farlo notare: “…la religione declinava da che la filosofia avendo attenuate alcune credenze, e il malcostume tutte bandite, restava l’esercizio di pratiche vane non grate a Dio, inutili alla società; preghiere abituali cento volte al giorno ripetute, moto di labbro non di cuore; atti di penitenza non di pentimenti, e insomma superstizioni ( o peggio) ipocrisie, inganni. Questa era la religione del popolo e del re”. Furbizia già sperimentata, dunque. Non sfugga ai replicanti però un sottile particolare: in quei tempi erano i vescovi che giuravano fedeltà al potere temporale e non viceversa.

L’ immagine riproduce la “Processione del Corpus Domini”, olio su tela (cm 37 x 59) di Fortunato Teodorani (Cesena, 1888-1960) .
L’opera è conservata presso la Pinacoteca Comunale di Cesena


© 2009 Francesco Capalbo

giovedì 18 giugno 2009

NON LO SAPREMO MAI…Cosa scriverebbe oggi Mario La Cava su fatti e personaggi attuali?

Di Grazia La Cava

20 anni. Tanti son passati da quando mio padre ci ha lasciati. Da allora tanti fatti più o meno importanti, più o meno drammatici, più o meno futili sono accaduti nel mondo, in Italia e nel nostro piccolo universo di provincia. Fatti che quotidianamente ci colgono e ci coinvolgono, ci spingono al commento ed alla riflessione.
Cercando di allontanare i sentimenti privati che mi appartengono e che custodisco gelosamente, credo che essere orfani di Mario La Cava significhi essere orfani di un contributo prezioso su ognuno di questi accadimenti; prezioso proprio per l’originalità con cui i fatti venivano dibattuti ed esaminati, magari nell’intimità familiare o in presenza dei suoi tanti amici di cui egli si circondava, oppure scrivendone sui giornali con cui collaborava.
Ebbene, ogni qualvolta mi ritrovo a commentare piccoli fatti paesani o grandi argomenti politici e sociali ripresi dal giornale o dalla tv, mi piace immaginare quale sarebbe stata la sua opinione e quale il suo commento. Per rimanere ai temi attuali, quale sarebbe stato, per esempio, il suo pensiero sull’Italia governata da Berlusconi e dalla Lega, sui problemi dell’immigrazione, sulle ronde verdi e nere, sui fenomeni di intolleranza che emergono sempre più nel nostro Paese….
Non lo sapremo mai, ma possiamo immaginarlo.
Sarebbe forse sobbalzato, spalancando i suoi occhi – com’era solito fare quando rimaneva incredulo – ascoltando Ministri sollecitare e rivendicare ronde di infelice memoria. Probabilmente avrebbe studiato a fondo la personalità del nostro Primo Ministro per meglio capire le sue azioni ai limiti della legalità (se non oltre) e le sue strabilianti sortite. Soprattutto avrebbe studiato ed ironicamente descritto quei cittadini che di lui si fidano ed a lui si affidano, provandone invidia e ammirazione, magari individuandolo come esempio da seguire. Li avrebbe sapientemente “dipinti” in poche righe, evidenziandone in brevi tratti essenziali ogni loro incoerenza.
Nel nuovo rampantismo italiano avrebbe trovato fonte di ispirazione per nuovi “Caratteri” velati da sottile ironia, prendendo magari spunto dai tanti giovanotti che si aggirano per il paese o dai tanti improvvisati nuovi politici locali, legittimati ad essere tali solo dall’ignoranza imperante a più alti livelli.
Forse.
Di una cosa son sicura, però: l’Italia di oggi non gli sarebbe certo piaciuta.
“Distrussero il paese, avendolo condannato all’abbandono per fame; e poi ne illuminarono sfarzosamente le macerie” (Caratteri – n. 343). Così scriveva a quel tempo degli amministratori del suo paese. Quale graffiante commento scriverebbe oggi sugli attuali amministratori che non hanno voluto commemorare la sua memoria a cento anni dalla sua nascita?
Non lo sapremo mai, ma possiamo immaginarlo.

Bovalino, 16 Giugno 2009


La vignetta di Staino è apparsa sull’Unità del 24 maggio 2009.
Per le note biografiche su Mario La Cava si rimanda al seguente indirizzo: http://francescocapalbo.blogspot.com/2009/05/mario-la-cava-il-mestiere-di-essere.html


© 2009 Francesco Capalbo


venerdì 12 giugno 2009

Lo sgranocchiatore

di Francesco Marasco & Francesco Capalbo


La cosa veramente tragicomica, sia di questa, che delle precedenti tornate elettorali, non è stata la rivalità tra le liste in competizione (cosa legittima del resto!), quanto l’atteggiamento di alcuni tipi di persone che, guardandosi bene dall’esporsi, ora sono i primi a festeggiare i nuovi vincitori. Nel variegato panorama di personaggi che popolano l’agone politico, è degna di attenzione antropologica la figura dello “sgranocchiatore”di professione, ovvero di colui che vive cercando sempre qualcosa da “sgranocchiare” con tutti i governi comunali.
Durante l’intera campagna elettorale, il silenzioso roditore ha avuto paura di mettersi in mostra: chiuso a chiave in casa, è rimasto in letargo, attorcigliato sotto la viscida penombra di se stesso. Costui, invero, appartiene a una tipologia d’individui che vivono oppressi da una sorta di ansia, che nello specifico definiremo da consultazione elettorale e non già perché tenga a cuore il destino del paese… no! Pensieroso,si arrovella non per il futuro del proprio borgo (per lui potrebbe andare anche alla malora!), quanto per il volume del proprio portafoglio. Per tal motivo si preoccupa di capitalizzare con circospezione sia le frequentazioni, sia i comparaggi con i microscopici potenti di turno dell’Amministrazione Comunale.
Com’è d’uso nel regno delle sanguisughe, l’amebico roditore non ha scrupoli: basta che sia sangue e ogni gruppo sanguigno da salassare va bene! Si potrebbe affermare che per lui la cute del bue vale quanto quella dell’asinello.
Puntuali giungono però le elezioni comunali a sparigliargli le carte. Invano i familiari fanno di tutto per mandarlo fuori a prendere una boccata d’aria… Non c’è niente da fare: duro come un mulo si pianta in casa con pigiama e babbucce e a nulla valgono gli incoraggiamenti, le rassicurazioni che, comunque si giri la frittata, lui cadrà sempre in piedi, proprio come “Ercolino”! Nella sua testa si agitano mille supposizioni e si aprono scenari sconfortanti: questi lo perseguitano e non lo fanno dormire neanche se ingurgita litri di decotti, di papagne e di camomille. “E se mi vedono con Tizio e poi vince Caio, cosa mi capiterà? E se si accorgono che simpatizzo per Caio e poi vince Tizio, che mi succede? Potrei strizzare l’occhio sia all’uno, sia all’altro; ma forse è meglio stare in casa e aspettare che si consumino i giochi, che si mostri qualcosa di certo e poi si vedrà!”
E’ al momento dello spoglio delle schede che il rosicchiatore finalmente si rende visibile; tutto occhiolini e sorrisini di circostanza, con penna e foglio di carta in mano, lo avrete di certo osservato molte volte nei seggi elettorali, intento a far calcoli, conteggi, proiezioni e…castelli in aria. Avuta la certezza aritmetica della vittoria della lista Taldeitali, è il primo a distribuire bacetti e strette di mano esclamando con gelido calore: “Ce l’abbiamo fatta, ce l’abbiamo fatta!” In quel preciso istante altri amici ed altri compari hanno già soppiantato i suoi vecchi amici ed i suoi vecchi compari: l’importante non è la fedeltà ad un ideale, quanto trovare sempre qualcosa da triturare con i denti. Poi, dopo cinque anni, le preoccupazioni ricominceranno daccapo: il dubbio da consultazione elettorale si materializzerà di nuovo e lo sgranocchiatore di professione aspetterà con rinnovata trepidazione il momento dello scrutinio. All’istante della proclamazione degli eletti, griderà per l’ennesima volta con un urlo liberatorio che lo legherà a nuove schiavitù: “Ce l’abbiamo fatta! Ce l’abbiamo fatta !”.

L’ immagine riproduce “I mangiatori di ricotta”, un dipinto di Vincenzo Campi (Cremona, 1536-1591) conservato a Lione, nel Museo delle Belle Arti.


© 2009 Francesco Capalbo

mercoledì 10 giugno 2009

Sinistre vocazioni

La vignetta di Vauro è tratta da "il manifesto" di lunedì 9 giugno 2009

© 2009 Francesco Capalbo

venerdì 5 giugno 2009

La sincerità nei comizi

Nota introduttiva di Francesco Capalbo

Ancora una volta attingiamo alla universalità della poesia di Trilussa, per dar conto delle parole e degli atteggiamenti che accompagnano questa campagna elettorale, della quale ormai si celebrano le usurate liturgie conclusive.
La poesia: “La sincerità ne li comizzi” è del 1920, ma ben si adatta a descrivere le sensazioni di artefatta retorica che avvertiamo in questi giorni di concitata insincerità.
Lungi dal poter essere considerata un inno al qualunquismo,la poesia è qui riportata per sottolineare il bisogno improcrastinabile che la politica scopra alle nostre sgarrupate latitudini, l’etica della compostezza e della sincerità.


La sincerità ne li comizzi

di Trilussa

Er deputato, a dilla fra de noi,
ar comizio ciagnede contro voja,
tanto ch’a me me disse: “Oh Dio che noja!”
Me lo disse, è verissimo: ma poi

sai come principiò? Dice: “E’ con gioja
che vengo, o cittadini, in mezzo a voi
per onorà li martiri e l’eroi,
vittime der Pontefice e der boja”.

E, lì, rimise fòra l’ideali,
li schiavi, li tiranni, le catene,
li re, li preti, l’anticlericali…

Eppoi parlò de li principì sui:
e allora pianse: pianse così bene
che quasi ce rideva puro lui!


© 2009 Francesco Capalbo

mercoledì 3 giugno 2009

San Sosti giugno 1980: insediamento della nuova Amministrazione Comunale



La foto, del giugno 1980, è stata scattata il giorno dell'insediamento della nuova Amministrazione Comunale di San Sosti.
Da sinistra verso destra: Diurno Vincenzo, Zicarelli Saverio, Caruso Aldo, Calonico Pierino, Borrelli Pantaleo, Novello Luigi (Consigliere Comunale P.C.I.), Bruno Vincenzo (Consigliere Comunale D.P.), Franco Contarino, Francesco Capalbo, La Camera Nicola, Franco Di Loria. Seduto: Di Loria Vito (Consigliere Comunale P.C.I.).
© 2009 Francesco Capalbo