mercoledì 29 aprile 2009

Lettura e "lentezza"

Sullo sfondo della foto, scattata a San Sosti nei primi anni novanta, che ritrae il signor Domenico Martorelli, è distinguibile la "gola del Rosa".
© 2009 Francesco Capalbo

lunedì 27 aprile 2009

Anno Domini1965: San Sosti ha finalmente la prima sezione socialista



Così come in molti sono convinti che gli spaghetti siano il frutto bizzarro di qualche albero esotico, la democrazia viene concepita come una diavoleria della quale sono ignoti formule e processi.
Pochi sanno che la libertà che consumiamo nel nostro quotidiano, senza chiederci da dove provenga, non sempre c’è stata e che essa è stata coltivata dall’ardimento di persone indomabili e quasi sempre con poche risorse.
L’articolo qui proposto, firmato da Mario Aragona, parla dell’apertura della Sezione del Partito Socialista a San Sosti ed è tratto da “La Parola Socialista” del 30 Marzo 1965.
Si ponga attenzione all’anno indicato: è il 1965 non il 1892!. San Sosti ebbe infatti la prima sezione del Partito Socialista dopo 73 anni dalla sua fondazione e l’avvenimento venne salutato, nell’articolo, con parole di giubilo. I decenni precedenti erano stati dominati da una dittatura asfissiante, mutante, trasformista dalla quale il paese si liberò definitivamente con grandi travagli solo agli inizi degli anni 80.
In questo post, impegnandoci a ritornare in maniera analitica sull’argomento, vogliamo ricordare quanti investirono entusiasmo ed energia per conquistare alla democrazia lembi di territorio sui quali regnava sovrano l’arbitrio e l’arroganza.

Francesco Capalbo



Aperta a San Sosti la sezione del PSI


I Compagni del P.S.I. di San Sosti, dopo venti anni di governo democristiano hanno una sezione ufficiale ove liberamente possono riunirsi e discutere i problemi politici, sociali ed organizzativi dei numerosi lavoratori della zona.
A San Sosti i socialisti, benché non molto numerosi, ci sono sempre stati ma dovevano svolgere la loro attività, clandestinamente, per non subire rappresaglie dal più retrivo Don Rodrigo di manzoniana memoria, o se più piace dell’autoritarismo dittatoriale – fascista del manganello, delle purghe e del confino.
Ora tutto questo da qualche anno è finito, salvo qualche residuato ed i lavoratori hanno salutato con entusiasmo il Comp. Salvatore Frasca per inaugurare la sede locale del P.S.I.
Prima dell’inaugurazione ufficiale della nuova sezione, il compagno Frasca ha tenuto un pubblico discorso in Piazza Mercato ad una grande folla di lavoratori e simpatizzanti del partito.
Il suo vibrante, incisivo e convincente discorso è stato più volte applaudito dal libero uditorio.
Con parola facile ed avvincente ha tracciato una panoramica dell’attuale momento politico, illustrando fra l’altro, la funzione stimolatrice ed insostituibile del P.S.I., sia in campo nazionale, che provinciale, per la risoluzione organica ed immediata dei più scottanti problemi sociali, economici e morali della classe lavoratrice.

Mario Aragona

L'articolo è tratto da "La Parola Socialista " del 30 Marzo 1965

sabato 25 aprile 2009

Una finestra sul passato



di Amedeo De Marco

Era da tempo che volevo rovistare tra gli affetti di famiglia. Tra le cose trovate alcune sono servite a farmi conoscere meglio il passato della mia gente. Molti avvenimenti mi erano stati sussurrati al caldo del focolare, durante le procellose serate d’inverno, di tanti altri non era stata detta parola, forse perché i miei supponevano che non fossi ancora pronto per ascoltarle, di diversi ne ero stato testimone.
La foto che qui è riprodotta me la sono ritrovata tra le mani proprio mentre passavo al setaccio la mia nostalgia e ritrae uno dei molteplici riti di un evento particolare: la mietitura del grano. E’ stata scattata nel mese di luglio del 1956 in contrada Catena a Trenta, in provincia di Cosenza. Le emozioni visive e sonore che ha evocato questa vecchia foto mi hanno consigliato di ribattezzarla “una finestra sul passato”.
Io ero uno di quegli scugnizzi che si divertivano a veder girare i buoi sull’aia mentre intorno le cicale frinivano. I laboriosi ruminanti trainavano una grossa pietra piatta che serviva a separare i chicchi di grano dalle spighe. Qualora noi fanciulli ci fossimo comportati bene avremmo avuto come premio la possibilità di fare un giro per l’aia su questa pietra, considerata sacra, che veniva trainata in cerchio.
Aspettavamo questo giorno con trepidazione e tutti partecipavamo a rituali di gioia non alienata.
Mentre noi fanciulli ci divertivamo, le persone adulte recitavano con i loro corpi scuriti dal sole preghiere collettive rivolte alla Provvidenza che benigna, ci avrebbe regalato almeno un tozzo di pane per un altro anno.

venerdì 24 aprile 2009

La politica al tempo dell´autismo corale

di Franco Arminio
È difficile per uno che fa o prova a fare letteratura vivere in un piccolo paese del sud. È ancora più difficile proporsi come amministratore nel proprio paese. Lo scrittore appare inaffidabile, lontano dalla concretezza delle cose. E la politica ormai è confusa con la semplice amministrazione. Per fare il sindaco più che le idee serve la cravatta. Poi gli incravattati si lamentano che la gente non partecipa ai consigli comunali. Delle cento persone in lista, alla fine nei paesi rimangono sempre i soliti cinque o sei a fare quel che sanno fare. I paesi del sud stanno morendo perché sono stati amministrati da gente che non crede nei propri luoghi. Gente che spende altrove perfino l'indennità guadagnata col ruolo di sindaco. Lo schema è sempre lo stesso: piccolo paese, piccola vita. E allora quando arrivano le elezioni niente spazio agli idealisti, niente spazio a chi sogna, la politica è roba sporca e la deve fare gente opaca, impolverata da una vita manomessa dalla noia. Le elezioni diventano un'occasione per darsi una mossa e così dalla noia si passa all'intrallazzo. Tante mosse e moine assai simili a quelle che fanno gli animali per garantirsi l'ordine di beccata. Il gioco è chiaro, ma viene fatuamente occultato da una girandola di parole vuote: tutti che invocano unità, coesione, ma poi bisogna fare i conti con l'autismo corale. E allora ognuno vuole fare il sindaco. E allora ogni riunione diventa una seduta spiritica. Un'adunata di fantasmi comincia a far girare le solite frasi: dobbiamo stabilire un percorso... dobbiamo convergere su un programma... e altre frasi che passano di bocca in bocca come un collutorio di banalità che sembrano eludere ogni possibilità di distinguere tra le menzogne e le cose vere. La colpa maggiore non è di chi si agita in queste manfrine, ma in quelli che non s'indignano, in quelli che trovano normale questo spettacolo. Come diceva Pasolini, la purezza sta molto in basso o molto in alto, in mezzo c'è corruzione c'è l'infima borghesia che abita i nostri paesi. Uno scrittore ha pochissime possibilità di farsi eleggere sindaco e queste possibilità diventano ancora minori se il paese è il proprio. Se avessimo tra noi Carlo Levi e Guido Dorso li metteremmo a fare fotocopie in qualche ufficio. Il mio ultimo libro è stato letto e amato da tante persone, ma non certo dai politicanti. Loro pensano di sapere, pensano di conoscerli i nostri paesi, dichiarano perfino di amarli, ma poi nello sguardo leggi un'implacabile penuria spirituale. Non ho ancora deciso come e se misurarmi con la possibilità di diventare sindaco del mio paese. Sono tentato di provarci per vedere se in fondo il mio pessimismo è un errore. Sono tentato di provarci per dare la possibilità a qualche indomito che crede ancora nella democrazia di scegliere tra proposte che siano realmente diverse. In molti paesi irpini i cittadini saranno costretti a scegliere tra candidati fotocopia. Spesso l'avversario o gli avversari al sindaco uscente sono scelti in base alla somiglianza, e alla pressione verso la mediocrità che sembra la spinta dominante. I nostri paesi stanno morendo anche perché le persone più sensibili e generose vivono ai margini e la scena è dominata dai diffusori della maldicenza, dai demoralizzatori di professione, dai vittimisti di lungo corso, dai luminari dell'accidia e dell'indifferenza. In questi casi più che di esseri viventi si deve parlare di esseri esigenti, pronti ad esigere per sé e mai per la collettività. Il guaio che spesso sono proprio persone come questa a contendersi il ruolo di amministratori, magari dopo che si sono assicurati un posto di lavoro che gli lascia il tempo di dedicarsi agli estenuanti rituali della politica. Questa notte ho sognato la stanza dove sono nato e dove ho vissuto per più di trent'anni. Non ci potevo entrare, era piena di vipere. Erano piccole e viscide, ma appena ne ammazzavi una, ne veniva fuori un'altra. Non ricordo com'è finito il sogno. Non so cosa farò nella prossima campagna elettorale. Mi è chiaro comunque che devo continuare a scrivere, a raccontare quello che accade in questi paesi che sono il mio strazio e il mio appiglio. Non so cosa farò il sei e sette giugno, ma so di sicuro che tra il 21 e 28 giugno sarò a Cairano insieme a bellissime persone di questa Irpinia e di questa Italia. Starò con loro e con il paesaggio, starò in un luogo in cui metteremo insieme artisti e artigiani, intellettuali e contadini. L'abbiamo chiamata Festa delle arti e della decrescita, ma forse è politica, forse è l'unica politica che possiamo fare.
Il testo, segnalatomi da un attento amico è qui pubblicato per gentile concessione del sito www.ilprimoamore.com al quale esprimiamo al nostra gratitudine.

giovedì 23 aprile 2009

Stravaganze elettorali

E’ sorprendente constatare come personaggi di grande spessore culturale, poco frequentati dai politici calabresi, che come è risaputo non brillano per le loro passioni culturali, vengano riscoperti in occasione delle varie competizioni elettorali.
Questo poster, che avrebbe dovuto dar tono e dignità culturale ai suoi firmatari, è apparso recentemente per le strade della provincia di Cosenza e ritrae Giocchino da Fiore in compagnia di don Luigi Nicoletti.
L’accostamento dei due personaggi all’immagine di Mario Oliverio è dovuta forse all’intenso legame che anch’essi ebbero con San Giovanni in Fiore, paese d’origine del Presidente della nostra Provincia.
Stravagante appare invece l’uso dell’effige del Presidente degli USA e l’invito affinché la Provincia di Cosenza “ritorni” ad essere protagonista.
Poichè in Italia ogni competizione elettorale può equipararsi alla sagra dell’inverosimile, non vorremmo che qualcuno avesse in mente, a nostra insaputa, di proporre al Presidente Obama che la Provincia di Cosenza diventi… il suo 51° Stato.
Francesco Capalbo

venerdì 17 aprile 2009

La morte del cavallo: in un racconto giovanile dell'editore sansostese Santino Fasano la metafora dei mali della Calabria

L'articolo è pubblicato sul n°56 de"Le Apuane", rivista semestrale di cultura, storia, etnologia edita dal Centro Culturale Apuano per la ricerca e lo studio delle tradizioni popolari italiane. La Redazione e l'amministrazione sono site in Via Uliveti 81, 54100 Massa, tel. e fax(0585) 252644, e-mail centroculturaleapuano@fastwebnet.it.

Per qualsiasi informazione inerente l'articolo potete scrivere anche all'autore, al seguente indirizzo: francapal@alice.it.

Francesco Capalbo