lunedì 30 novembre 2009

La Grande Guerra del caporale Esco Silvestri


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Mario Saccà è uno studioso calabrese (di Catanzaro) di Storia della Prima Guerra Mondiale. Famosi sono i suoi studi sui fatti di Santa Maria La Longa ( Udine), località nella quale il 16 luglio 1917 vennero passati per le armi alcuni componenti della “Brigata Catanzaro”. Costituita il 1º marzo 1915 a Catanzaro Lido, tale Brigata era formata da due reggimenti, il 141° e il 142° in maggioranza formati da soldati calabresi. Logorata dai lunghissimi turni in trincea di prima linea, nei settori più contesi, essa venne impiegata come brigata d’assalto sul Carso dal luglio 1915 al settembre 1917. A Santa Maria la Longa dove la brigata era stata acquartierata a partire dal 25 giugno 1917 per un periodo di riposo, la notizia di un nuovo reimpiego nelle trincee della prima linea fece, pian piano montare quella che in poche ore sarebbe diventata una vera e propria rivolta. I fanti della Catanzaro protestarono e la protesta passò in rivolta. Alle ore 22.00 del 15 luglio 1917 iniziò il fuoco che durò tutta la notte. I caporioni di ogni reggimento assaltarono i militari dell’altro inducendo gli stessi ad ammutinarsi e ad unirsi a loro. Molti caddero morti sotto il fuoco dei rivoltosi, altri ne rimasero feriti. La rivolta durò tutta la notte. Per sedare la rivolta vennero impiegati una compagnia di Carabinieri, quattro mitragliatrici, due auto cannoni. La lotta durò tutta la notte e cessò all’alba. Sedata la ribellione, il comandante della Brigata ordinò la fucilazione di quattro fanti colti con le canne dei fucili ancora calde e la decimazione della compagnia. All'alba del 16 luglio dodici fanti più i quattro colti in flagranza, alla presenza di due compagnie, una per ciascun reggimento, vennero fucilati a ridosso del muro di cinta del cimitero di Santa Maria La Longa e posti in una fossa comune.
Il caporale calabrese Esco Silvestri muratore, soldato e poeta, descritto nell'articolo, inquadrato nel 142° R.F., fu testimone dei fatti e dedicò ad essi dei versi molto toccanti . Mario Saccà invita i lettori a fornire evetuali notizie utili affinchè del "biondo e silenzioso soldato" di cui narra anche lo scrittore Carlo Tumiati se ne possa ricostruire l'esatto profilo anagrafico.

© Francesco Capalbo

venerdì 27 novembre 2009

Una importante opera di Filosofia del Diritto a cura di Mario Sirimarco


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© Capalbo Francesco

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domenica 15 novembre 2009

Le illegalità nascoste



di Alberto Volpe

Il rischio implicito nella ripetitività degli atti e comportamenti è quello di vedersi svuotare dell’originario valore il senso per cui quegli atti e comportamenti trovano concrete esplicitazioni. Chiamansi anche manifestazioni, la cui partecipazione, più o meno popolare, avviene più per trascinamento che per convinta affermazione dei principi per i quali si scende in piazza.
E’ il rischio che si corre realmente a seguito dei tanti convegni, seminari, comizi e manifestazioni di piazza in nome della legalità.
Un caposaldo della democrazia, ma prima ancora della civiltà in uno stato di diritto, che si invoca e si vuol difendere quando essa stessa legalità è messa a rischio da gesti, isolati o con complicità più o meno occulte, quali la intimidazione, incendi dolosi di automezzi e strutture, opifici e servizi, essi stessi offerti o gestiti da enti pubblici o da soggetti appartenenti alla piccola, media o grande imprenditoria.
Ancora peggio se taluni atti di vera e propria criminalità lasciano esanime e riverso in auto o per strada una persona, incensurata o con precedenti, che sia. In questo caso la coscienza civile resta ancor più scossa, e manifestare a testimonianza della inaccettabilità di quel tipo di violenza diventa spontaneo e corale.
Voglio qui richiamare, invece, i tanti, innumerevoli e sottili comportamenti di non minore illegalità che il cittadino comune (quello che conta perché contribuente, e non solo nella imminenza elettoralistica) subisce quotidianamente proprio da chi il livello della legalità è tenuto istituzionalmente a tenere alto e a garantire.
Se si desse “voce” proprio a quanti, temporaneamente fuori o lontani da quel ruolo, sono nella quotidianità gente comune (badiamo, non gente qualunque, spregiativamente parlando) vittima della subdola e presunta arroganza del potere, allora sì che ci vergogneremmo di doverci vedere affiancati nella comune lotta alla criminalità, e per la legalità, da personaggi che quel tipo di “violenza” applica nell’espletamento delle proprie funzioni e ruolo di servizio per la gente.
Parliamo dei soggetti “deboli” perché ammalati e quindi degenti negli ospedali, dei “deboli” finanziariamente costretti a cedere la propria attività lavorativa agli strozzini, od anche a mettere tra le “voci” del loro bilancio lavorativo la “tangente per la sicurezza”; parliamo dei soggetti (quindi non solo ed esclusivamente il genere o mondo femminile) vittime di stolking da parte del docente universitario o titolare dello studio legale o notarile o impresa telematica.
Ma non riteniamo più “fortunati” (sarebbe meglio dire meno vittime) quanti si vedono negati i propri diritti dagli uffici amministrativi pubblici. Questo succede quando si tollerano (o non si dà seguito ad una ordinanza di demolizione per abuso) illegalità e pagano quanti, invece, avevano ottenuto regolare autorizzazione ad edificare. Salvo a doversela vedere di fatto negata per impraticabilità della originaria ufficiale deliberazione. Od ancora quando si chiudono gli sportelli atti a ricevere delle domande (di condono o di richiesta di alloggio popolare) , che altri ed altrimenti detti “furbetti” trovano modo per farsele protocollare dalla finestra, chiaramente con la complicità “ripagabile”.
In tutti questi casi, è giusto chiedersi, se ha senso tenere la torcia della legalità tra le mani, se queste devono essere sacrificate alla illegalità diffusa di inetti o complici amministratori od organi tecnici asserviti a quella risma di amministratori. Così si giustifica il baso livello di fiducia nella politica. Così si mina il valore delle regole dell’ordinato vivere sociale e democratico. Ma per fortuna ci sono quei cosidetti “cani da guardia”, Corte Costituzionale di ogni Stato, e Corte Costituzionale Europea che sono preposte a prevenire un “usum delphini” del potere, in nome di un errato od improprio concetto del potere democratico delegato.


alvolpe@libero.it

Alberto Volpe è nato a Roggiano Gravina. E' autore della pubblicazione "Comunicazione di massa e processo di socializzazione". Corrispondente abituale della Gazzetta del Sud per la realtà territoriale della Valle dell'Esaro e di Roggiano Gravina in particolare, e dal marzo 2001 collaboratore de "Il Quotidiano della Calabria". Come "notista" ha collaborato con testate prestigiose tra le quali Avvenire.


L’immagine riproduce un depliant dell'Associazione Contro Tutte le Mafie che radicata nel grande Salento, ma operante in tutta Italia, ha pubblicato un saggio d’inchiesta sconvolgente di pubblico interesse nazionale. Esso è il “libro bianco delle illegalità sottaciute”.




© Capalbo Francesco

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