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giovedì 2 aprile 2020

Sulle case di riposo per anziani




di Francesco Capalbo

Dopo aver contato i morti bisognerà combattere una grande battaglia culturale per un nuovo modo di organizzare l'assistenza agli anziani.  
I vecchi hanno il diritto di vivere (in dignità!)  nei luoghi in cui hanno sempre vissuto.
Non in strutture d'internamento, accreditate anche da una certa vulgata di sinistra, come l'ultima trovata dello stato sociale.
Gli ospizi spuntati come funghi nei nostri svuotati paesi, evidenziano il vuoto spirituale e l'incapacità progettuale dei nostri politici.
Le case di riposo per anziani mettono in chiara evidenza come il mercato si sia impossessato della vecchiaia e dei meccanismi comunitari di solidarietà .Li ha  piegati alle ragioni del profitto.
Rappresentano l'ennesimo coltello piantato nel ventre delle nostre piccole comunità che sono state finanche  depredate dei loro antichi valori.
Esse portano a compimento il copia ed incolla di forme organizzative che non appartengono alle nostre esperienze umane. 
Chi ha le redini della politica capisca che le nostre popolazioni  hanno  sempre   circondato l'anziano proteggendolo con il loro calore e loro  presenza.  
In questa possente opera di solidarietà  sono state sempre impegnate  le famiglie, gli amici, il vicinato, la comunità, la parrocchia.
La  cultura del dono e della solidarietà ritorni ad ispirarci. 
È ereditata dai romani e dai greci. Coltivata dalla Chiesa Cattolica. 
Non può essere svenduta ad impresari delle pompe funebri!

martedì 17 aprile 2018

Malvito 15 aprile 2018: alla riscoperta di una civiltà comune


L'articolo :"Esaro, alla riscoperta di una civiltà comune" è tratto da "il Quotidiano del Sud" di martedì 17 aprile 2018.
Le foto sono  del signor Robby Storino di Malvito.

martedì 28 novembre 2017

La Via dell’Ossidiana e lo sviluppo possibile



di Francesco Capalbo

Il convegno tenutosi il 24 novembre nella Sala Nuova della Provincia di Cosenza, dal titolo: “Da Sibari a Diamante, lungo le rotte della Magna Grecia”, fuoriesce dal novero degli incontri politici nei quali spesso si parla delle meraviglie che il futuro ci riserverà se voteremo per il tal partito e se riporremo fiducia nei suoi irrealistici programmi.
L’altra sera per opera dell’associazione “NeoMedi” si è discusso di “sviluppo dolce”, l’unico possibile i territori della Valle dell’Alto Esaro.
L’idea è piuttosto semplice e coinvolge una via che in maniera evocativa è stata ribattezzata “Via dell’Ossidiana”, in omaggio alla preziosa roccia vulcanica che lungo questo tratturo, nell’antichità compiva una tappa del suo viaggio da Lipari verso Atene.
Attraverso la semplice razionalizzazione dell’esistente, il tragitto potrebbe costituire una seducente meta turistica per quanti amano il cammino lento lungo mulattiere, tracciati e piste.  La via Francigena o il percorso di Santiago di Compostela dimostrano che esiste una domanda turistica di tale tipo.
Gli esploratori della lentezza costituiscono un microcosmo di viaggiatori esigenti: amano la natura, la buona tavola e la ricchezza immateriale dei luoghi.
La Via dell’Ossidiana in realtà si compone di molte vie: una è quella che da San Sosti conduce a Buonvicino lambendo i territori di Mottafollone, Sant’Agata d’Esaro e San Donato di Ninea. È ricca di paesaggi, corsi d’acqua, cascate, montagne e colline, grotte, monasteri e santuari, tradizioni gastronomiche e di ottimi vini, di vestigia del passato e … di storie millenarie; queste ultime hanno un grande impatto emotivo su quanti incedono con passo lento.
Lungo la “Via dell’Ossidiana” Mario Pomilio ambientò un capitolo del suo celebre romanzo “Il Quinto Evangelio” e Pietro Bellanova, medico curante di Filippo Tommaso Marinetti, scrisse “Picchiata nell’amore”, romanzo sintetico futurista.
Lungo l’ultimo tratto di questo percorso conosciuto anche come “Via del Sale”, mossero i loro passi etnologi come Vincenzo Spinelli e Giovanni de Giacomo.
Ai margini di questo lungo budello, che per essere reso percorribile non necessita di oltraggi cementizi, Vittorio Caravelli raccolse la rappresentazione carnevalesca dei “Dodici Mesi dell’Anno”, imbastendo un vivace dibattito sulla distinzione tra cultura “alta” e cultura “popolare”.
Ora, affinché questa ricchezza immateriale produca ricchezza materiale, è necessario che come la lana, antica risorsa di questi territori, sia cardata, raccolta in un gomitolo di iniziative e tessuta con sagacia.
Ad uno sparuto ma influente gruppo di politici, capitanato dal Presidente della Regione Oliverio, va riconosciuto il merito di aver sposato l’idea della “crescita dolce” delle nostre terre.
Il filo però ora bisogna intrecciarlo; è questa l’operazione più complicata perché necessita dell’intervento sinergico di risorse materiali e di persone, di enti ed associazioni al cui interno spesso si agita un indomito … campanilismo.   



© 2009 francescocapalbo.blogspot.com



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