lunedì 23 giugno 2025

La guerra che nasce in noi

 



di Francesco Capalbo 

 

In ogni angolo del mondo, nelle istituzioni pubbliche e private, persino nei più inaccessibili vicoli, si celano le esistenze tragiche di chi nutre uno smisurato «ego bellico». La loro capacità di inventarsi nemici è innata.  Sono soggetti in perenne lite con i colleghi di lavoro e con i vicini. Disprezzano i fratelli. Maltrattano i coniugi. Vorrebbero rinchiudere chi ha il colore della pelle diverso dalla loro in tante arroventate Guantánamo. Si accaniscono con cattiveria contro gli animali.

Quando il numero di questi personaggi raggiunge cifre ragguardevoli, l’odio ben pasciuto viene raccolto e acquistato, a prezzi stracciati, da famelici intermediari del disprezzo. Questi ultimi lo infilano nelle loro unte bisacce per poi rivenderlo agli esteti della guerra.

È così che l’odio nato in periferia si trasforma in “arma meravigliosa”, dominando silenziosamente i cieli e seminando terrore in tutto il mondo.

Ognuno di noi ricordi: le guerre non sono mai innescate da singoli personaggi. I terminali del terrore semmai raccolgono gli umori guerreschi del mondo e li convertono in morte.  

Ognuno di noi smetta di nutrire il proprio «io bellico» bulimico, che reclamando la distruzione del nemico fa gola ai progettisti del conflitto planetario.

Le bombe non si disinnescano sui campi di battaglia, ma dove viviamo passando il tempo a fabbricare fantomatici nemici.  

 

 

The War That Is Born Within Us

 

In every corner of the world, in public and private institutions, even in the most inaccessible alleyways, lie the tragic existences of those who harbor an immense "bellicose ego." Their ability to invent enemies is innate. These individuals are in constant conflict with colleagues and neighbors. They despise their siblings. They mistreat their spouses. They would like to confine anyone with a different skin color to countless scorching Guantánamos. They relentlessly torment animals with cruelty.

When the number of these individuals reaches significant figures, the well-fed hatred is collected and acquired, at rock-bottom prices, by ravenous intermediaries of contempt. The latter stuff it into their greasy saddlebags, only to resell it to the aesthetes of war. This is how hatred born on the periphery transforms into a "marvelous weapon," silently dominating the skies and sowing terror throughout the world.

Let each of us remember: wars are never ignited by single individuals. Instead, the terminals of terror gather the world's warlike sentiments and convert them into death.

Let each of us stop feeding our own bulimic "bellicose ego," which, by demanding the destruction of an enemy, becomes attractive to the designers of planetary conflict.

Bombs are not disarmed on battlefields, but where we live by ceasing to fabricate phantom enemies.


giovedì 19 giugno 2025

Il tradimento del coccodrillo

 

di Francesco Capalbo 

Per Broccolo, il coccodrillo della Lacoste non era un innocuo logo, ma un rettile insidioso che si annidava nel petto di coloro che predicavano l'uguaglianza mentre si godevano il comfort di un capo da «borghesi», un tradimento che gli bruciava dentro da anni. Era un simbolo di ipocrisia così lampante da causargli spasmi al diaframma. Il suo cervello era uno scanner ad alta risoluzione, in grado di distinguere una Lacoste originale da una contraffazione a chilometri di distanza e di associare istantaneamente il colore e il taglio a un potenziale tradimento ideologico.

Aveva passato una vita a classificare i «comunisti Lacoste». C'era il «comunista casual» che osava una Lacoste bianca con jeans sdruciti, come a voler dire «sono del popolo, ma con stile». Poi il «comunista intellettuale», spesso con una Lacoste blu scuro sotto un blazer di tweed, pronto a disquisire di Gramsci sorseggiando un caffè costoso. E il suo incubo peggiore: il «comunista agitatore», con la Lacoste rosso fuoco che urlava la sua contraddizione in piazza, quasi un megafono di ipocrisia.

Una volta, un giovane entrò nella sua ferramenta con una polo Lacoste palesemente falsa, il coccodrillo storto e sbiadito. Broccolo lo fissò con un misto di disprezzo e quasi rispetto pensando: «Almeno questo è troppo povero per essere un comunista». Gli vendette il cacciavite con un sorriso amaro.

L’ossessione di Broccolo raggiunse livelli parossistici. Iniziò a fotografare, di nascosto, gli «esemplari» più eclatanti, creando un album degli orrori intitolato «Coccodrilli Rossi». Aveva persino provato a contare quante «Lacoste comuniste» vedeva, annotandole su un taccuino segreto. Il numero più alto era stato 17, un venerdì nero che lo aveva lasciato con un'emicrania martellante. La sera, a casa, faceva lunghe e complesse dissertazioni con sua moglie, Maria, che annuiva paziente mentre stirava. «Vedi, Maria? Il problema non è il coccodrillo in sé. È il messaggio! È il tradimento della causa proletaria!».

Maria, sconsolata, per il compleanno gli regalò persino una polo Lacoste. Rossa. «Così, almeno, non avrai più il problema di vederle in giro» gli disse con un sorriso che sapeva di preghiera.  Broccolo conservò la Lacoste nell'armadio per anni, intonsa, come monumento alla sua particolare battaglia. Non l'avrebbe mai indossata.

La sua massima vendetta fu appenderla periodicamente in bella vista in un angolo del suo confuso negozio, rivolta verso il muro, come un trofeo di guerra muto. Un monito per i pochi che capissero e un enigma per tutti gli altri. 


The betrayal of the crocodile

For Broccolo, the Lacoste crocodile wasn't an innocent logo; it was an insidious reptile lurking on the chests of those who preached equality while enjoying the comfort of a "bourgeois" garment. This betrayal had festered within him for years. It was a symbol of hypocrisy so blatant it caused his diaphragm to spasm. His brain was a high-resolution scanner, capable of distinguishing an original Lacoste from a counterfeit miles away, and instantly associating the color and cut with potential ideological treason.

He had spent a lifetime classifying "Lacoste communists." There was the "casual communist" who dared to wear a white Lacoste with ripped jeans, as if to say, "I'm one of the people, but with style." Then the "intellectual communist," often in a dark blue Lacoste under a tweed blazer, ready to discuss Gramsci while sipping an expensive coffee. And his worst nightmare: the "agitator communist," with a fiery red Lacoste screaming their contradiction in the town square, almost a megaphone of hypocrisy.

One time, a young man entered his hardware store wearing a clearly fake Lacoste polo, the crocodile crooked and faded. Broccolo stared at him with a mix of disdain and almost respect, thinking, "At least this one is too poor to be a communist." He sold him the screwdriver with a bitter smile.

Broccolo's obsession reached paroxysmal levels. He began secretly photographing the most egregious "specimens," creating an album of horrors titled "Red Crocodiles." He even tried to count how many "communist Lacostes" he saw, noting them in a secret notebook. The highest number was 17, a black Friday that left him with a pounding migraine. In the evenings, at home, he would engage in long, complex dissertations with his wife, Maria, who would patiently nod as she ironed. "See, Maria? The problem isn't the crocodile itself. It's the message! It's the betrayal of the proletarian cause!"

Maria, disheartened, even gave him a Lacoste polo for his birthday. Red. "That way, at least you won't have to worry about seeing them around anymore," she said with a smile that was almost a prayer. Broccolo kept the Lacoste in his closet for years, untouched, as a monument to his particular battle. He would never wear it. His ultimate revenge was to periodically hang it prominently in a corner of his cluttered shop, facing the wall, like a silent war trophy. A warning for the few who understood and an enigma for all the others.

 

sabato 17 maggio 2025

Scrivere





di Francesco Capalbo 

La scrittura è parola sofferta, distillata, ferro rovente lavorato nel crogiolo del fabbro, tronco aspro reso armonico dall’estro del falegname, stoffa informe congiunta dalla perizia del sarto.  È goccia depurata da umori e preconcetti. La scrittura è insonnia e valeriana, brezza e sudore, periferia e centro. La scrittura rinfranca e inquieta.  La vera scrittura permette mille volte di morire e una volta in più di rinascere.

 

Writing is suffering words, distilled, red-hot iron forged in the blacksmith's crucible, a rough log harmonized by the carpenter's flair, fabric joined by the tailor's skill. It's a drop purified of moods and preconceptions. Writing is insomnia and valerian, breeze and sweat, periphery and center. Writing invigorates and unsettles. True writing allows you to die a thousand times and be reborn one more time.

 

لكتابة هي كلمة متألمة، مُقطّرة، حديد مُحمّى مشكّل في بوتقة الحداد، جذع قاسٍ صيغ بتناغم ببراعة النجار، قماش موصول بمهارة الخياط. هي قطرة مُنَقّاة من التقلبات والأفكار المسبقة. الكتابة هي أرق وناردين، نسيم وعرق، هامش ومركز. الكتابة تُنعش وتُقلق. الكتابة الحقيقية تسمح لك أن تموت ألف مرة وأن تُولد مرة أخرى.


 

mercoledì 14 maggio 2025

Sud e letteratura : Malbianco


di Francesco Capalbo


Marco Petrovici è un informatico che ritorna a Martina Franca da Berlino dove ha svolto una intensa attività lavorativa.

Le sonorità del suo cognome, che lasciano presagire origini non italiane, lo costringono a compiere un tormentoso viaggio dentro la storia della sua famiglia e nelle sue stesse profondità.

Il romanzo in ogni pagina sembra sussurrare che ognuno di noi è abitato dalle vite dei propri avi, buone o cattive che esse siano state.  

Riconoscere queste bizzarre coabitazioni è il primo passo per liberarci dei nostri dolorosi fardelli.

Malbianco di Mario Desiati ci offre l’opportunità di compiere un viaggio della speranza nella steppa congelata della nostra memoria.

Il prezzo del biglietto è forse salato. La libertà che ci attende all’approdo ci offrirà però un lauto rimborso.

 

 Dettagli:

Titolo: Malbianco

Autore: Mario Desiati

2025

Supercoralli

pp. 400

€ 21,00

ISBN 9788806264772


 

giovedì 1 maggio 2025

BUON PRIMO MAGGIO!

 

di Francesco Capalbo

Durante le mie ricerche mi sono imbattuto in una foto che reputo opportuno condividere con voi amici di F.B.

E' datata Primo Maggio 1926.

Ritrae alcuni socialisti di Roggiano Gravina che. sfidando la violenza fascista, non hanno paura di mostrare i loro volti.
All'epoca i fascisti (baroni, possidenti agrari, avvocati, uomini di chiesa...) avevano già consolidato il loro mefistofelico potere nella Valle dell'Esaro.
La foto è' un invito che arriva dalla Memoria, bisaccia del Tempo.
Ci invita a mostrare i nostri volti.
Sembra sussurrarci : non dimenticate; siate coraggiosi; lottate per la Democrazia e la Dignità del Lavoro.
Sperate e lottate sempre nonostante spirino venti procellosi di tempesta!
Buon Primo Maggio!
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