domenica 15 novembre 2009

Le illegalità nascoste



di Alberto Volpe

Il rischio implicito nella ripetitività degli atti e comportamenti è quello di vedersi svuotare dell’originario valore il senso per cui quegli atti e comportamenti trovano concrete esplicitazioni. Chiamansi anche manifestazioni, la cui partecipazione, più o meno popolare, avviene più per trascinamento che per convinta affermazione dei principi per i quali si scende in piazza.
E’ il rischio che si corre realmente a seguito dei tanti convegni, seminari, comizi e manifestazioni di piazza in nome della legalità.
Un caposaldo della democrazia, ma prima ancora della civiltà in uno stato di diritto, che si invoca e si vuol difendere quando essa stessa legalità è messa a rischio da gesti, isolati o con complicità più o meno occulte, quali la intimidazione, incendi dolosi di automezzi e strutture, opifici e servizi, essi stessi offerti o gestiti da enti pubblici o da soggetti appartenenti alla piccola, media o grande imprenditoria.
Ancora peggio se taluni atti di vera e propria criminalità lasciano esanime e riverso in auto o per strada una persona, incensurata o con precedenti, che sia. In questo caso la coscienza civile resta ancor più scossa, e manifestare a testimonianza della inaccettabilità di quel tipo di violenza diventa spontaneo e corale.
Voglio qui richiamare, invece, i tanti, innumerevoli e sottili comportamenti di non minore illegalità che il cittadino comune (quello che conta perché contribuente, e non solo nella imminenza elettoralistica) subisce quotidianamente proprio da chi il livello della legalità è tenuto istituzionalmente a tenere alto e a garantire.
Se si desse “voce” proprio a quanti, temporaneamente fuori o lontani da quel ruolo, sono nella quotidianità gente comune (badiamo, non gente qualunque, spregiativamente parlando) vittima della subdola e presunta arroganza del potere, allora sì che ci vergogneremmo di doverci vedere affiancati nella comune lotta alla criminalità, e per la legalità, da personaggi che quel tipo di “violenza” applica nell’espletamento delle proprie funzioni e ruolo di servizio per la gente.
Parliamo dei soggetti “deboli” perché ammalati e quindi degenti negli ospedali, dei “deboli” finanziariamente costretti a cedere la propria attività lavorativa agli strozzini, od anche a mettere tra le “voci” del loro bilancio lavorativo la “tangente per la sicurezza”; parliamo dei soggetti (quindi non solo ed esclusivamente il genere o mondo femminile) vittime di stolking da parte del docente universitario o titolare dello studio legale o notarile o impresa telematica.
Ma non riteniamo più “fortunati” (sarebbe meglio dire meno vittime) quanti si vedono negati i propri diritti dagli uffici amministrativi pubblici. Questo succede quando si tollerano (o non si dà seguito ad una ordinanza di demolizione per abuso) illegalità e pagano quanti, invece, avevano ottenuto regolare autorizzazione ad edificare. Salvo a doversela vedere di fatto negata per impraticabilità della originaria ufficiale deliberazione. Od ancora quando si chiudono gli sportelli atti a ricevere delle domande (di condono o di richiesta di alloggio popolare) , che altri ed altrimenti detti “furbetti” trovano modo per farsele protocollare dalla finestra, chiaramente con la complicità “ripagabile”.
In tutti questi casi, è giusto chiedersi, se ha senso tenere la torcia della legalità tra le mani, se queste devono essere sacrificate alla illegalità diffusa di inetti o complici amministratori od organi tecnici asserviti a quella risma di amministratori. Così si giustifica il baso livello di fiducia nella politica. Così si mina il valore delle regole dell’ordinato vivere sociale e democratico. Ma per fortuna ci sono quei cosidetti “cani da guardia”, Corte Costituzionale di ogni Stato, e Corte Costituzionale Europea che sono preposte a prevenire un “usum delphini” del potere, in nome di un errato od improprio concetto del potere democratico delegato.


alvolpe@libero.it

Alberto Volpe è nato a Roggiano Gravina. E' autore della pubblicazione "Comunicazione di massa e processo di socializzazione". Corrispondente abituale della Gazzetta del Sud per la realtà territoriale della Valle dell'Esaro e di Roggiano Gravina in particolare, e dal marzo 2001 collaboratore de "Il Quotidiano della Calabria". Come "notista" ha collaborato con testate prestigiose tra le quali Avvenire.


L’immagine riproduce un depliant dell'Associazione Contro Tutte le Mafie che radicata nel grande Salento, ma operante in tutta Italia, ha pubblicato un saggio d’inchiesta sconvolgente di pubblico interesse nazionale. Esso è il “libro bianco delle illegalità sottaciute”.




© Capalbo Francesco

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1 commento:

  1. Eccezionale articolo!Realistiche le conclusioni:"Ha senso tenere la torcia della legalità tra le mani, se queste devono essere sacrificate alla illegalità diffusa di inetti o complici amministratori od organi tecnici asserviti a quella risma di amministratori. Così si giustifica il baso livello di fiducia nella politica. Così si mina il valore delle regole dell’ordinato vivere sociale e democratico."
    Un esempio attuale tra i tanti quello della Pubblica Amministrazione di San Sosti e della Giunta Provinciale di Cosenza: partecipano alla Borsa Mediterranea d'Archeologia di Paestum in stretta collaborazione con chi è indagato per delitti contro il patrimonio culturale dello Stato!

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